Recensioni / Arte & vita

Hugo von Hofmannsthal, Le parole non sono di questo mondo (Lettere al guardiamarina E. K. 1892-1895), a cura di Marco Rispoli, Quodlibet, Macerata 2004, pp. l2,€ 12.

Il genere epistolare, accanto ai pregi rappresentati dall'immediatezza e dalla naturalezza, presenta anche notevoli limiti per il lettore e in particolare per il critico letterario che legge il carteggio alla ricerca di dichiarazioni di poetica e di apercu nell'anima dello scrittore: l’immediatezza si tramuta talora in un autobiografismo pedante, la spontaneità  in irriflesso sentimentalismo e una pletora di dettagli marginali rischia spesso di offu-scare le linee principali del discorso intellettuale. Si aggiunga, poi, per i carteggi del fin-de-siècle, il prevalere di uno stile sentimentale ed enfatico, ormai desueto e poco consentaneo al nostro gusto di lettori moderni (si pensi a certi carteggi di Rilke). Rara è perciò l'occasione di incontrare un carteggio perfetto per spontaneità e luminosità stilistica, intelligente immediatezza dell'espressione, ricchezza umana e intellettuale: l'occasione ci viene ora offerta dalla traduzione in italiano dello scambio epistolare tra Hugo von Hofmannsthal e l'amico guardiamarina Edgar Karg von Bebenburg. All'interno di questo importante carteggio (edito in Germania nel 1966) Marco Rispoli ha selezionato le lettere che risalgono ai primi anni di amicizia tra i due giovani (1892-1895) e le ha presentate in un'edizione esemplare per la qualità delle traduzioni e la ricchezza dei commenti. Le note e la postfazione inseriscono le riflessioni del carteggio all'interno dell'attività poetica e intellettuale del giovane Hofmannsthal e operano perciò interessanti rinvii ai drammi e ai saggi giovanili nonché alle opere dei grandi autori di età classico-romantica (Goethe, Novalis) che influenzarono in modo decisivo la formazione del poeta. Un rilievo  particolare è poi dedicato nelle note al pensiero di Nietzsche, un filosofo assai presente nel mondo speculativo di Hofmannsthal: da Nietzsche egli mutua, tra l'altro,il giudizio negativo sull'eclettismo e sul filisteismo culturale della Germania del secondo Reich, espresso in alcune lettere a Karg, e la concezione dell'arte come unica attività metafisica concessa all'uomo moderno. Nella lettura del carteggio spicca la disomogeneità tra le voci che dialogano: da un lato un giovane proveniente da una famiglia di ufficiali austriaci che scrive le lettere a bordo di una corvetta nell’ Oceano indiano; dall’altro un poeta dotato di un precocissimo talento e già noto nel mondo letterario viennese. L'ingenuità e la freschezza delle lettere di Karg, destinato a una morte precoce (nel 1905, di tubercolosi), richiamano alla memoria un celebre aforisma che Hofmannsthal raccolse nel Libro degli amici: «Un uomo che muore a trentacinque anni è in ciascun punto della sua vita un uomo che morrà a trentacinque anni. Questo è ciò che Goethe chiamava L'entelechia». Così, lo slancio di chi vuole capire la vita e viverla con la passione chi connota le lettere di Karg e l'irruenza un po' infantile delle domande che egli porge all'amico non possono che commuovere il lettore. Straordinarie, per maturità culturale, intelligenza, sensibilità, saggezza e nitore stilistico sono le risposte di Hofmannsthal che discute qui con spontaneità e autenticità dei temi esistenziali che esigono risposta nella mente di un giovane: la crescita umana e intellettuale, lo sviluppo di una personalità armoniosa, la partecipazione al dolore altrui. il rapporto tra Io e mondo, la giustizia, e poi - questioni importanti per un giovane poeta -- i limiti del linguaggio,l'autonomia del linguaggio poetico, il ruolo dell’arte e il suo rapporto con la vita. Per ciascuno di questi temi Hoffmansthal offre riflessioni decisive e pensieri memorabili. All'amico, che lamenta la noia della vita a bordo e gli stupidi soprusi dei superiori, Hoffmansthal risponde con frasi altissime, limpide e pacate in cui pare essersi decantata una saggezza antica: (Io credo che il significato più profondo di ciò che viene definito gentleman sia quello di essere migliori e più nobili della vita. La vita per tutti noi è indicibilmente difficile, minacciosa e malevola: tutto ciò che vi è di bello e prezioso consiste nel sopportare. E forse a qualcosa serve avere altri che ci sono e guardano alla tua sofferenza e sono abbastanza buoni da capire le tue difficoltà, e la loro partecipazione ha così un senso. Sarei molto felice se col tempo io potessi divenire per te una di queste persone».
Le riflessioni sull'arte e la condanna di una sterile erudizione avulsa dalla vita (lettera dei 17 settembre1894) chiariscono inoltre la natura dell'estetismo hofmannsthaliano. Hoffmannsthal non è un banale cultore dell’ art por  l 'art e non scinde la sfera etica da quella estetica: egli, come altri grandi poeti dell'estetismo austro-tedesco, da Rilke a Gottfried Benn, è esteta in quanto riconosce all'arte un ruolo supremo di conoscenza e di comprensione del mondo. Solo l'arte dà forma e senso al caos della vita, solo l'arte permette all'individuo un più alto grado di consapevolezza sulla propria esistenza e solo il grande artista può sbalzare eventi, depurare caratteri, stilizzare situazioni e offrire in tal modo un'interpretazione della vita (si veda in questo senso il bellissimo saggio su Eleonora Duse, non semplice attrice naturalista ma interprete della «filosofia della propria parte», in L'ignoto che appare. Scritti 1891-1914, Adelphi 1991). Così, la letteratura ha sempre un valore etico poiché deve interagire con il lettore e deve modificarne lo sguardo sulla vita e sugli altri: «A me i Karamazov hanno detto molto: ho camminato in modo diverso per le strade, e dopo quella lettura era per me un evento più importante guardare i volti della gente sul tram. Ho voluto più bene ai miei amici, ho sentito con maggior forza ciò che è bello e con maggior spavento quel che è spaventoso. [... ] È proprio il compito dei grandi artisti quello di creare bei libri, partendo dalla vita incolore, libri che sappiano eccitare e rasserenare», scrive Hoffmansthal all’amico nell'agosto 1895. Nell'ultima affermazione si scorge un'eco del saggio sulla Duse1892) ove il poeta, con immagini di sfolgorante ricchezza verbale e con un evidente ripresa di temi novalisiani e romantici, aveva alluso al potere magico dell'artista: «Gli artisti viventi passano attraverso la vita grigia, priva di senso, e ciò che toccano splende e vive. Ed è una stessa cosa se formulano con parole nuove segreti dell'anima o se attraverso armonie purificano il sordo mareggiare che è in noi, o se con parole effimere e gesti fugaci sollevano alla conoscenza ciò che in noi è inconsapevole e lo immergono in dionisiaca bellezza».