Recensioni / La montagna oggi. L’esperienza di Osservatorio Cortina 2021

Nato nel 2017, in occasione dei Campionato del mondo di sci di Cortina 2021, Osservatorio Cortina 2021 parte dal grande evento per indagare in modo autonomo, attraverso l’uso della fotografia, il paesaggio del comprensorio sciistico, situato nel contesto delle Dolomiti Unesco, e le sue modifiche. L’indagine si è protratta per tre anni, culminati con l’arrivo della pandemia. Racconta di un territorio profondamente legato al suo essere meta turistica montana d’eccellenza, restituito attraverso uno sguardo trasversale e curioso, intenzionalmente lontano dall’iconografia ormai classica che contraddistingue il racconto della valle di Cortina. Com’è nato il lavoro, su quale traiettoria del concetto contemporaneo di paesaggio si è mossa la ricerca e come questa si è evoluta nel corso del tempo: lo raccontano Marina Caneve e Gianpaolo Areana. Il primo esito formale dell’indagine è il libro La Valle, tra le cime e le stelle – The valley between peaks and stars, pubblicato da Quodlibet, prodotto da Vulcano Agency in sinergia con Fondazione Cortina 2021, il patrocinio del Comune di Cortina e il sostegno di Altitudo.

INTERVISTA A MARINA CANEVE E GIANPAOLO ARENA

Cos’è e com’è nato il progetto Osservatorio Cortina 2021?
Marina Caneve: È un lavoro di ricerca che indaga, attraverso l’utilizzo della fotografia, il territorio della valle di Cortina, dove quest’anno si sono tenuti i Mondiali di sci. Gianpaolo Arena e io collaboriamo già dal 2013 al progetto Calamita/à, dedicato al Vajont, e a fine 2017, incuriositi soprattutto per l’attenzione che allora si stava generando attorno alla progettazione della manifestazione sportiva, ci siamo detti che sarebbe stato interessante indirizzare le nostre ricerche anche su quel territorio. In dettaglio, all’epoca ci ha incuriosito il fatto che la Fondazione Cortina 2021, organismo impegnato nell’organizzazione dei campionati mondiali, fosse stata istituita già tre anni prima dell’evento (la notizia di Milano-Cortina 2026 come sede per le Olimpiadi invernali non era ancora nell’aria).

Ovvero?
Marina Caneve: Questo fatto ci è sembrato abbastanza straordinario poiché normalmente si comincia a lavorare molto più a ridosso degli eventi; in altre parole abbiamo visto questa contingenza come un campanello circa l’impatto che questo evento avrebbe potuto avere sul territorio. Il progetto, rispetto a Calamita/à, si differenzia per la natura dell’evento a cui fa riferimento, per la relazione con il tempo futuro piuttosto che passato e per la modalità con cui lavoriamo, ovvero nel primo come curatori, nel secondo sia come direttori artistici che come autori delle fotografie. La nostra riflessione in questo caso è partita dal tema più generale del grande evento sportivo per concentrarci in seguito su degli elementi caratterizzanti i territori investiti da quest’ultimo. Abbiamo proposto il progetto all’agenzia Vulcano che ne è rimasta entusiasta e ci ha supportati nel nostro lavoro di esplorazione.
Gianpaolo Arena: Il progetto dell’Osservatorio nasce anche dal desiderio di produrre qualcosa che non fosse ancora la rappresentazione della catastrofe, sulla quale ci eravamo confrontati ampiamente in passato. Per Cortina abbiamo deciso di realizzare un lavoro che avesse un forte legame con la rappresentazione dello straordinario patrimonio paesaggistico della città, attraverso una lettura con nuove chiavi d’interpretazione, per superare quell’immaginario iconico con cui è sempre rappresentato.

Il lavoro si è svolto in un periodo abbastanza lungo. Come lo avete organizzato? Com’è mutato nel corso del tempo?
Marina Caneve: Fin da subito la ricerca è stata impostata individuando delle tematiche che ci permettessero di leggere il territorio di Cortina; tematiche che sono poi le stesse con cui è stato strutturato e costruito il libro. Una volta definiti i temi d’indagine, ed essendo chiaro l’arco temporale in cui lavorare, siamo andati letteralmente alla scoperta della valle e ci siamo confrontati con le realtà cui di volta in volta ci trovavamo di fronte. Moltissime sono le storie e tante le diverse sfumature che si possono cogliere in questo paesaggio così ricco e complesso. Tuttavia, questo darci dei parametri e soprattutto dei confini in cui circoscrivere la nostra ricerca, a volte anche rigidi, ci ha aiutato moltissimo a non perderci e mantenere i propositi e gli obiettivi iniziali.
Gianpaolo Arena: Certamente non potevamo immaginare che nel corso di qualche mese le condizioni a contorno sarebbero mutate così tanto! Due sono stati gli eventi che hanno notevolmente inciso sul nostro lavoro: da una parte la candidatura e poi la vittoria per le Olimpiadi della cordata Milano – Cortina 2026; dall’altra l’arrivo del Covid, che ha condizionato fortemente sia la nostra capacità operativa, sia le attività dei Mondiali. Ci siamo subito trovati a vivere il primo evento sportivo globale di sci fatto a porte chiuse, senza pubblico. L’anno scorso siamo riusciti a compiere l’ultimo sopralluogo in febbraio; saremmo voluti tornare dopo quindici giorni in marzo, e invece, a causa della pandemia, siamo tornati a Cortina solo in estate.

Nel corso della ricerca, secondo la vostra percezione ma anche nella realtà dei fatti, com’è cambiata la montagna?
Marina Caneve: Influenzati dall’immaginario delle grandi trasformazioni territoriali forse inizialmente ci aspettavamo di incontrare dei cambiamenti molto più invasivi di quello che poi effettivamente abbiamo percepito. Un evento come quello dei Mondiali punta soprattutto ad ammodernare e migliorare lo stato delle piste da sci o del sistema della viabilità stradale locale. Inoltre, sia la pandemia sia il proseguimento con le Olimpiadi sono stai due fattori importanti nella scelta da parte degli organizzatori di ridimensionare o posporre parte degli interventi, sia di manutenzione che di costruzione di nuove strutture. Alcune delle opere previste saranno probabilmente realizzate nel prossimo futuro. In qualche modo noi abbiamo lavorato nell’eco dell’idea della trasformazione, cosa che ci ha dato modo di scoprire diversi aspetti del carattere di questo territorio. Cortina è un eco-sistema, di fatto, distinto anche all’interno delle Dolomiti, e la sua è una valle ampia e lunga, che ha permesso alla città di crescere. Anche il turismo qui assume una dimensione del tutto differente rispetto ad altre valli, ha un suo carattere ed è il motore attorno cui ruota l’economia di tutto il territorio.

Il tema del turismo è senz’altro uno degli aspetti centrali da affrontare in questo territorio ed è parte integrante del suo eco-sistema. Con quale sguardo l’avete raccontato?
Marina Caneve: Il progetto nasceva proprio con l’idea di fare eco alle rappresentazioni pubblicitarie tradizionali non solo della rappresentazione delle Dolomiti, ma in senso esteso delle Alpi e in qualche modo della montagna tutta. La nostra idea era di confrontarci con questo immaginario e al tempo stesso di tentare di scardinarlo, utilizzando come medium la fotografia documentaria che ha dei codici completamente diversi. Volevamo offrire attraverso il nostro lavoro delle chiavi di lettura inedite del territorio e della società che lo costituisce e di come queste dialogano. Naturalmente la nostra non vuole essere una visione onnicomprensiva, ma piuttosto è una visione selettiva di Cortina, che forse in parte proietta anche i nostri desideri nei confronti della montagna e le nostre aspettative.
Gianpaolo Arena: L’anno scorso, infatti, quando abbiamo deciso di chiudere le maglie di questo lavoro per capire come costruire il libro, ci siamo concentrati su due posizioni precise: una di negazione e l’altra di affermazione. La negazione consisteva nella precisa volontà di non raccontare la montagna con una visione cartolinesca e consolatoria ormai inesistente. A noi interessava principalmente raccontare cos’è oggi il paesaggio della montagna, che si compone di natura e cultura, com’è stato modificato dall’uomo e in che modo un evento sportivo come un mondiale di sci possa intervenire nella trasformazione del paesaggio. L’affermazione, consolidatasi nel corso della ricerca, si è ritrovata nella volontà di lavorare sul concetto dell’identità della montagna, di come questa è cambiata negli ultimi decenni, ma soprattutto com’è cambiato il paesaggio culturale della montagna stessa. È chiaro che il turismo incide molto sullo sviluppo di questi territori, ma questo fenomeno ha istanze ed esigenze molto diverse da chi la montagna la vive nella quotidianità, con tutte le problematiche di un territorio che è sempre più fragile e meno governato di un tempo.

LE ICONE DI CORTINA

Nel capitolo del libro Infinite rappresentazioni avete raccontato come l’immaginario comune di Cortina rispecchi delle aspettative iconiche che assecondano i desideri dei visitatori.
Gianpaolo Arena: Sì, abbiamo volutamente rafforzato l’idea delle infinite rappresentazioni della montagna, raccontando come questa è percepita dalle altre persone e come viene infinitamente rappresentata nelle tovagliette dei ristoranti, sulla fiancata di un autobus, o su una t-shirt. Le Cinque Torri, lo Schuss delle Tofane, o il Pelmo rappresentano ormai un monumento. A noi è piaciuto sporcare e lavorare attorno a questa idea del monumento e del sacro aggiungendo uno sguardo ironico e divertito.

Come avete svolto, in questo caso o anche in altri, il lavoro? Come avete scattato? Ciascuno le sue foto e poi le avete selezionate insieme, oppure sul posto avete condiviso anche le inquadrature?

Marina Caneve e Gianpaolo Arena: Nella fase iniziale della ricerca abbiamo definito una strategia progettuale che potesse fornirci una struttura di riferimento. Dopo una serie di sopralluoghi abbiamo affinato e circoscritto il percorso in modo più preciso. Le inquadrature e le scelte compositive nascono dalla condivisione degli intenti e da un confronto costruttivo. La stessa fotografia è stata realizzata anche con fotocamere diverse da entrambi. Nella fase che ha riguardato la realizzazione del libro, sono maturate delle decisioni mirate a rafforzare la sequenza narrativa più che la singola immagine. Molto spesso abbiamo preferito includere immagini che rimanessero volutamente incompiute, sospese, aperte a diverse interpretazioni.