Recensioni / Carlo Mollino Designs

Ventun anni di storie. Quelli dal 1938 al 1959 e quelle di otto pezzi realizzati in quel periodo. Anni e storie si intrecciano perché in quel preciso arco temporale Carlo Mollino, il poliedrico architetto e designer torinese, progetta quei capolavori, ancora attualissimi per il peculiare vocabolario figurativo, astratto e surrealista.
La storia di Mollino si lega indissolubilmente a quella di Zanotta, in differita. Dal 1981 – Mollino è già mancato: muore, infatti, improvvisamente nel 1973 – quando l’azienda di Nova Milanese, attenta ai contenuti più innovativi della storia del design, porge il suo omaggio al maestro. E si caratterizza, così, tra le prime realtà industriali a inserire in collezione le opere di grandi designer, nonché a essere l'unica – a oggi – a produrne i pezzi, in diverse riedizioni (ultima la Collezione Mollino CM 2020), ridando vita a quegli elementi di arredo divenuti oggetti di culto.
Capostipite delle riedizioni è la seduta Fenis, progettata nel 1959 per il Castello del Valentino, sede del Politecnico di Torino, di cui Mollino era stato Professore ordinario e Direttore. Quando Aurelio Zanotta, fondatore dell’azienda, decide di produrla, nel 1981, la figura dell’architetto non era ancora l’icona di oggi. Come leggiamo in Carlo Mollino Designs - volume snello, poco più di 90 pagine, dall’elegante look un po’ retro, escludendo la modernissima copertina a specchio - l’innamoramento di Zanotta per Mollino, non propenso alla produzione industriale ma piuttosto al coinvolgimento di artigiani, ebanisti e altre figure in un’azione corale di bottega, è proprio in questo modus operandi, in cui ritrova la propria filosofia aziendale, da sempre attenta al processo di produzione semi-artigianale.
Gli autori – Laura Milan, storica dell’architettura e urbanistica con una profonda conoscenza delle opere e dell’archivio di Mollino, e Pier Paolo Peruccio, professore associato di design al Politecnico di Torino, fra le molte cariche prestigiose – rendono un tributo alla poliedrica figura, raccontando del progetto architettonico, la prima, e di quello d’interni, il secondo. Due mondi che sono più che affini, perché, dichiarava Mollino “architettura è un masso in piedi, una casa, un giardino, un mobile, un percorso urbanistico, un calamaio, un frontespizio di Aldo Manuzio, un tempio, una tomba, un’anfora, un utensile e così all’infinito”. Il volume rilegge in sintesi l’opera del maestro attraverso documenti d’archivio inediti e alla luce del lavoro di mediazione fatto dagli anni 0ttanta da Zanotta, che interpretando fedelmente i progetti ne attualizza i processi e le tecnologie, arrivando a una produzione semi-artigianale che consente la serialità, ma mantenendo inalterati quei passaggi di artigianalità necessari a realizzare i prodotti come Mollino li aveva pensati. E dichiarando sempre, per ciascun pezzo, la data del progetto originario unitamente alla dicitura "omaggio a Carlo Mollino", proprio per la particolarità del caso. Mollino temeva la possibile spersonalizzazione del prodotto e la deriva dell’industrial designer. Per questo i suoi pezzi domestici – come questi otto – attingono ai suoi caleidoscopici interessi, dal volo acrobatico alla letteratura, dalla fotografia allo sci. Ed è proprio la passione della montagna, in tutte le sue sfaccettature, una delle chiavi di lettura accanto al Surrealismo. L’approccio al progetto, secondo Pier Paolo Peruccio, è in realtà molto più complesso e legato ad altri fattori – come l’amore per la letteratura, l’abilità grafica, l’apporto degli artigiani, la tecnica, amata grazie al padre ingegnere e il ruolo fondamentale del committente-cliente, “senza di lui siamo artisti che discutono al caffè” affermava Mollino.
In conclusione, come nel volume, i magnifici otto, in ordine cronologico: il comodino Carlino, il primo pezzo del 1938, identificabile da un’unica gamba a puntale e da un cassetto dalla forma sinuosa; lo specchio Milo, un profilo femminile ripreso dalla Venere di Milo, per Casa Miller; la poltrona Ardea per Casa Minola con lo schienale alto e le orecchie incurvate per massimo confort e privacy; il tavolo Reale con struttura a cavalletto con puntoni e tiranti a sostegno del piano di cristallo; lo scrittoio scultoreo Cavour per Casa Vladi Orengo, esercizio sulla perfetta forma strutturale; il tavolino Arabesco, tra i prodotti più celebrati dell’Italian Design; Gilda, poltrona reclinabile con la sofisticata struttura che unisce le gambe anteriori a quelle posteriori tramite il bracciolo; e Fenis, memore degli arredi vernacolari valdostani.
Il volume è corredato dalle fotografie di Riccardo Moncalvo distintosi tra le due guerre per il suo tratto innovativo che partendo da una matrice romantica si indirizza verso una geometria pura. La sua storica collaborazione con Mollino ci conduce nella falegnameria Apelli e Varesio di Torino a fine anni Quaranta, popolata da fogli di compensato pressato e curvato, che insieme ad alcune altre, hanno dato corpo alle intuizioni del maestro e alla sua narrazione figurativa.