Recensioni / La scommessa di un nuovo rinascimento psichedelico

La raccolta di saggi che sotto il titolo di La scommessa psichedelica (pp. 320, euro 18,00) è da poco uscita per Quodlibet sotto la curatela di Federico di Vita, è un libro importante perché segna in qualche modo ufficialmente il ritorno nel dibattito pubblico di un argomento da decenni relegato nei bui sottoscala della rimozione collettiva, confinato alle riserve indiane delle pubblicazioni underground, fra nostalgici ex freakkettoni attardati in un perpetuo sballo retroattivo, audaci piccoli chimici come il dott. Jekyll brancolanti verso l’alambicco di sintesi di sostanze proibite e fuorilegge, inseguitori di Bianconigli o cercatori di funghi senza licenza e senza gps.
Un nutrito gruppo di intellettuali, di varia età e provenienza, ma in linea di massima abbastanza giovani da non aver vissuto direttamente gli anni dell’epica lisergica se non, in parte, nelle sue postume ricadute rave e trance successive, si compatta invece intorno al tema per proporre in queste pagine nuove analisi e interpretazioni, prospettive esperienziali o considerazioni critiche. Personaggi come Marco Cappato, Vanni Santoni o Agnese Codignola, solo per citare a caso tre fra i nomi più noti, si avvicendano a ripercorrere il flusso di una risacca inarrestabile che torna su se stessa non per decantare ed eventualmente rimpiangere epopee passate e definitivamente trascorse, ma per proiettarsi piuttosto verso un finalmente compiuto sviluppo di possibilità future.
I temi spaziano per varietà e completezza, slittando dall’oggettività critico-teorica (il trip report come sottogenere della letteratura di viaggio, lo gnosticismo acido, il rapporto fra psichedelia e politica o fra psichedelia e internet, la cura psichedelica della depressione, l’analisi dei rischi che il Rinascimento psichedelico si trasformi in Restaurazione, e così via) alla soggettività memorial-reminescenziale (l’esperienza di un rito sciamanico con l’ayahuasca, lo sballo rave interpretato come neo-culto misterico o lo psytrance come sindrome di Stendhal tecnicamente riproducibile, ecc.), con esiti di valore ed efficacia differenziati ma comunque sempre interessanti. Il volume è aperto da un’utile Breve storia universale della psichedelia ad opera del curatore e chiusa da uno stimolante Pseudoglossario dei tòpoi psichedelici scritto da Gregorio Magini. Il valore del libro consiste soprattutto nell’evidenziare collettivamente la pertinenza e la persistenza di un tema, di una possibilità, di una stagione forzatamente interrotta ma mai tramontata e che sta risorgendo come hauntologico retrofuturo, come iperstizione accelerazionista, prospettando un orizzonte psicosociale e psicopolitico che contrasti il realismo capitalista per contrapporgli un comunismo acido – le nozioni introdotte dal mai sufficientemente compianto Mark Fisher ricorrono costantemente in gran parte dei testi in questione. In altre parole il Rinascimento psichedelico recupera, con le ritualità e i poteri delle sostanze enteogene, la prospettiva di un mondo che credeva ancora nella possibilità del cambiamento, nell’avvento di una rivoluzione interiore su cui basare il rinnovamento della società.
Qualche anno fa in un vecchio libro che avevo curato per Stampa Alternativa (L’immaginazione al podere: che cosa resta delle eresie psichedeliche, a cura di W. Catalano e A. Castronuovo, Stampa Alternativa, 2005), avevo definito, con eccessivo e ingiustificato sarcasmo, queste derive sciamanismo acquariano, equiparandole al mercato pseudospirituale del New Age e considerandole come (mi si perdoni l’autocitazione) “un carnevale […] sincero nelle sue esigenze umane metastoriche, falso e superficiale nelle sue ricadute sociali effettive”, “una subcultura dell’edonismo” che ha contribuito “a scalzare quel che resta della vecchia società borghese solo per accelerarne il passaggio verso il modello attuale del neocapitalismo post-borghese e post-occidentale” preparando “l’avvento della globalizzazione e del mercato unico mondiale”. Un’interpretazione “destrorsa” che oggi mi appare scandalosamente lontana e dalla quale prendo ogni possibile distanza. Mi avvicina oggi alla scommessa psichedelica il filo rosso che attraverso Mark Fisher si ricongiunge a certe riflessioni degli ultimi libri di Franco Bifo Berardi (Futurabilità, in particolare), una visione che nel riconnettersi a quella cultura dinamica, immaginifica e “sciamanica”, cerca piuttosto il rifiuto dell’immutabilità dei rapporti psichici, sociali e politici, indotta – o forse solo dichiarata – dal capitalismo post-fordista globalizzato e l’insorgere alternativo di un’apertura sistematica ad un differente possibile (come diceva l’ingenua, vecchia, epocale canzone: “It is the Dawning of the Age of Aquarius”… C’è stato un imperdonabile ritardo, un qui pro quo irremissibile, però, maledizione, perché no ?).

[...]

Recensioni correlate