Recensioni / “Escatologia occidentale”: il libro di Jacob Taubes, “apocalittico della rivoluzione”

Il libro di Jacob Taubes, Escatologia occidentale (Quodlibet, 325 pagine, 24 Euro, traduzione dal tedesco di Giusi Valent), si pone quesiti da far tremare i polsi: quale senso può avere la storia dopo l’Apocalisse delle guerre mondiali, la Shoà e Hiroshima? Per rispondere a una domanda che rivela ogni giorno di più la sua tragica attualità (e per comprendere Auschwitz come elemento necessario e non come eccezione), Jacob Taubes ha scelto una prospettiva antistorica. Ebreo – e quindi appartenente a quel “popolo del tempo” sottratto al radicamento nello spazio – Jacob Taubes traccia una folgorante storia dell’escatologia nel pensiero dell’Occidente, da Giovanni, Paolo e Agostino a Gioacchino da Fiore, da Hegel e Marx a Kierkegaard e Nietzsche, come resa dei conti con un ciclo senza possibilità di riapertura. Per questo “apocalittico della rivoluzione” (così si definiva Jacob Taubes) che sfida il pensiero del Novecento sia sul versante teologico sia su quello più propriamente filosofico, si tratta di interrogare il percorso della storia in quanto disvelamento della verità, ma usando strumenti che ne rivelino il suo stesso limite: il tempo, l’origine, la fine. L’éschaton (un termine che in greco significa ciò che è “ultimo”, in questo caso la fine dei tempi, la fine della storia ) si manifesta così come la dimensione in cui si possono ritrovare, in inscindibile unità, il primo e appunto l’ultimo, il passato e il futuro.
Escatologia occidentale è pubblicato a cura di Elettra Stimilli, che firma anche un saggio conclusivo, con il titolo: “Jacob Taubes e il senso antistorico dell’escatologia”. Prefazione di Michele Ranchetti; revisione della terminologia filosofica di Fabio Minazzi.