n un celebre articolo
del 1963, Alberto Arbasino accusava la cultura
letteraria italiana di colpevole provincialismo:
l'invito a una «gita a
Chiasso» è diventato
una proverbiale esortazione ad abbracciare orizzonti
più vasti di quelli legati alla sola cultura nazionale. Luca Lenzini, in Cronotopi novecenteschi Intrecci di spazio e tempo in poesia (Quodlibet, pp. 96, €
10,00) offre una lettura originale di alcuni motivi della poesia
novecentesca che danno però
tutt'altra impressione.
Da Gozzano a Palazzeschi,
da Sereni a Fortini, l'analisi di
due cronotopi fondamentali
(la casa e la via, come luoghi
in cui si consumano ritorni e
incontri) fornisce alla poesia
italiana del Novecento alcuni
modelli europei con i quali
condivide una profonda «genealogia culturale».
Il libro attinge a piene mani
alla teoria della letteratura di
Bachtin, che permette di articolare le relazioni inter-generiche tra poesia e romanzo. La letteratura del `900, tanto quella
italiana che quella europea, infatti, è collocata nella cornice
di una progressiva «romanzizzazione», che permette da un
lato di applicare alcuni strumenti critici della narrativa ad
alcuni testi in versi; dall'altro,
e di conseguenza, di moltiplicare i possibili modelli, individuabili anche tra i romanzieri europei. Così, in alcuni versi degli
autori «provinciali» italiani si ritrova una particolarissima parentela culturale con i romanzi
di Mann e Cechov o con la poesia di Baudelaire. Non tanto (o
non solo) perché li hanno letti,
quanto piuttosto per la comune esperienza di un'analoga
realtà social ed economica in
rapidissimo cambiamento e la
sua simbolizzazione in alcuni
topoi comuni.
Le situazioni narrative del
ritorno alla casa dell'infanzia
e degli incontri per via oltrepassano le distinzioni tra prosa e poesia così come i confini
delle letterature nazionali e
riescono ad esprimere, condensando tempo e spazio, lo
squassamento dei rapporti generazionali e assiologici all'affermazione reboante della modernità capitalistica, che, nelle analisi delle poesie più recenti di Fortini, arriva a mettere in discussione il senso complessivo della realtà stessa.
Lenzini utilizza i cronotopi
come sorta di «monade» benjaminiana: una sintesi di immagini, tecniche e situazioni narrative, linguaggi e voci che rappresenta in maniera esemplare il Novecento. Appunto: cronotopi novecenteschi, che funzionano come precipitato allegorico di spazio e tempo e in alcuni luoghi particolari concentrano significati letterali e metaforici, spesso in contraddizione tra loro.
Nei versi di Gozzano e di Palazzeschi, allora, una sola strada è scissa in due itinerari esistenziali antitetici dall'io poetico, nella percezione netta e disorientante della molteplicità
spazio-temporale della realtà.
Come nella teoria della relatività, insomma, i concetti empirici di spazio e tempo vacillano,
si travasano l'uno nell'altro e
trovano in alcune situazioni
narrative della letteratura novecentesca un luogo in cui esibire tutte le loro possibili, sconcertanti relazioni.