Recensioni / «Pianoterra» di Erri De Luca

È comprensibile il disagio del cronista quando è chiamato a commentare narrazioni (o pensieri) che si elevano sopra la media come quelle di Erri De Luca. Però, se è vero, come afferma lo stesso scrittore napoletano, che ormai non ci sono più autori ma creatori di varianti, la difficoltà sopraesposta scema, dal momento che il recensore è chiamato solamente ad esplicitare un giudizio leale sull’opera e, possibilmente, a invogliare alla lettura.

Un titolo da consigliare è sicuramente “Pianoterra” di De Luca, pubblicato dalla piccola casa editrice maceratese Quodlibet e che raccoglie degli articoli già pubblicati qualche anno fa sul supplemento letterario del quotidiano cattolico l’Avvenire.

Sono fondopagina in cui lo scrittore palesa il suo punto di vista sul mondo, tracciando argomentazioni (mai datate) di varia natura e genere. De Luca da una parte riapre il capitolo degli anni dell’infanzia, quando nei racconti degli adulti andava a cercare le tracce della storia, dall’altra critica la scuola dei giorni nostri, luogo dove si apprende per “contrasto”.

Tiene a specificare il ruolo dello scrittore, redattore di pagine le quali hanno utilità solo se riescono a trasmettere emozioni e nulla più, avvisa del suo stato di non credente e tuttavia aggiunge di come accumula “coraggio” dalla fede altrui.

In questa mezza enciclica rivolta ad una “stanza di amici” il De Luca muratore (il mestiere che esercitava prima di diventare scrittore) ricorda quando riempiva le file della protesta studentesca, lui quasi ventenne inasprito di collera ha “condiviso insieme a pochi i furibondi corpo a corpo in mezzo al fumo caustico dei gas e della nafta incendiata. Qualche volta da catturato ho attraversato di corsa un cortile sotto un corridoio di colpi sferrati ciechi, cercando di non inciampare nel calcio dato a quello che mi precedeva. Ci odiavamo, volevamo affondare i nostri colpi”. In contraltare agli scenari del tempo della protesta viene fuori il De Luca pacifista, impegnato contro quelle “guerre che danno a molti il visto del diritto”, egli ci regala la sua buona novella, estranea al moralismo di certi narratori.

L’emozione e la passione civile che infila tra una frase e l’altra, tra una parola e l’altra, sono per il lettore repentine scosse che lasciano il loro sano contrassegno.