Lo spazio architettonico
della strada, elemento
determinante del
rapporto tra architettura e
città, è l'argomento
trattato nel bel volume di
Roberto Secchi e Leila
Bochicchio nella collana
DiAP PRINT della casa
editrice Quodlibet.
Una strada, componente
cruciale del progetto
urbano, indagata non
tanto dal punto di vista
della pianificazione
urbanistica, che nel
volume rimane sullo
sfondo, quanto nella sua
forma, nella sua
immagine e nei suoi
valori, come ben chiarisce
il sottotitolo del libro.
II volume ripercorre
l'evoluzione dello spazio
architettonico della
strada e intelligentemente lo fa
attraverso la struttura
dell'atlante, attraverso
una sequenza di disegni
accompagnati da lunghe
didascalie. Del resto
come altro si può
analizzare lo spazio,
l'invaso tridimensionale
di una strada, se non
attraverso la sua misura, i
suoi rapporti con
l'intorno, le piante e le
sezioni, quelle trasversali
e quelle longitudinali? II
libro dunque — come per
il tuttora attualissimo
volume di Bruno Zevi
Spazi dell'architettura
moderna — privilegia il
pensiero per immagini a
quello della parola.
Dopo una prima breve
introduzione che fornisce
il timone della
navigazione, i testi sono
organizzati in forma di
commento alle immagini,
corredano i disegni, in
alcuni casi si tratta di
raffinate citazioni
letterarie.
Il testo introduttivo
ripercorre la storia della
strada attraverso i secoli,
evidenzia la sua natura
transdisciplinare e
transcalare, analizza il
contributo di Ildelfonso
Cerdà con la sua
trattazione sistematica
"forse la più completa
nell'unire i temi propri
dell'architettura con
quelli dell'urbanistica",
indaga la questione del
progetto urbano e i
fallimenti di molti piani,
riflette sulla progressiva
sottrazione delle
competenze all'architetto
in favore dell'ingegnere
trasportista, ragiona sulla
condizione della strada
nel mondo
contemporaneo e sul
progressivo distacco dello
spazio pubblico
dall'invaso stradale.
Seguono le circa trecento
pagine dell'atlante
suddivise in tre sezioni: la
strada prima della
rivoluzione industriale,
dalla rivoluzione
industriale e dal
movimento Moderno
all'architettura
contemporanea e infine
le ricerche e le
sperimentazioni
contemporanee.
Pagine che nel loro
scorrere offrono una
grande quantità di spunti
e di riflessioni.
Sí ha l'occasione di
riflettere sulle geniali
soluzioni proposte da
Hénard per Parigi, alcune
realizzate e altre no ma
tutte perfettamente
realizzabili, e il suo aver
compreso il rapporto
cruciale tra la strada e la
rete dei sottoservizi; le
visioni di Louis I. Khan
per Philadelphia, che
riorganizzano la forma
della città futura sul
movimento delle
automobili.
E ancora le proposte di
città lineare che alla
strada affidano il ruolo di
protagonista della forma
urbis, da quella
estremamente concreta e
realizzabile di Soria y
Mata alle versioni dei
russi Leonidov e Miljutin,
extra large, radicali,
possibili proprio in virtù
della proprietà statale dei
suoli.
Si indaga poi sulle tante
soluzioni che ibridano la
strada con funzioni altre
da quelle del traffico,
come residenze e servizi,
affidandole così un
rinnovato ruolo centrale
nella forma urbana: Le
Corbusier, l'autostrada
sui tetti di John Hecken,
la simulazione di un
insediamento a sviluppo
lineare dello stesso
Roberto Secchi.
Una serie di pagine
analizza le molte strade
realizzate per via di
togliere, attraverso
demolizioni che operano
secondo una precisa idea
di città. Da quella di
Hausmann, che ha
costituito il riferimento
della modernizzazione
delle città capitali di
mezzo mondo, a quella
decisamente classista di
Robert Moses che, non
molti anni dopo
Hausmann, condanna
all'obsolescenza la
modernità del boulevard
attraverso la modernità
delle sue highways.
Strade da percorrere
rigorosamente in
automobile tanto che,
come viene riportato nel
libro attraverso una
citazione di Marshall
Berman, "i sottopassaggi
erano stati costruiti
intenzionalmente così
bassi da non consentire il
transito degli autobus, in
modo che il mezzo
pubblico non potesse
portare folle di gente
dalla città alla spiaggia".
Le tavole del volume si
susseguono
accompagnate in alcuni
casi da immagini di
quadri di pittori che, con
la loro differente
sensibilità, hanno
descritto il mondo della
strada e i paragrafi
successivi affrontano la
questione della strada
nella città estensiva, le
molte soluzioni ideate nel
Moderno, le visioni della
strada nelle nuove utopie
urbane: tutte visioni
queste che hanno
costruito un'idea di città
in rapporto alla strada.
Si arriva così alla
situazione
contemporanea in cui si
assiste alla migrazione
dello spazio pubblico
dalla strada in luoghi
altri, alla
marginalizzazione del
ruolo dell'architetto, che
si trova spesso a operare
alla definizione del
singolo oggetto
architettonico a
prescindere dall'invaso
che lo contiene, fino ad
arrivare al paradosso che
vede la strada includere
lo spazio pubblico, anche
se in modo
disorganizzato e spesso
insalubre, soprattutto
nelle periferie informali
dei paesi in via di
sviluppo.
E altrove, nel mondo
cosiddetto avanzato? Nel
panorama
contemporaneo le
soluzioni che tentano di
far riacquistare una sua
centralità alla strada -
che nel frattempo ha
cambiato volto - si
moltiplicano e si
sfioccano. Al centro di
Bruxelles Portzamparc
opta per una versione
della strada ad alta
porosità,
ridimensionando in tal
modo l'importanza
dell'asse prospettico.
Alcuni affidano ai nodi
infrastrutturali, svincolati
dalla visione meramente
trasportistica, il ruolo che
nella città storica
svolgono i viali, le strade
e i monumenti.
Altri, partendo dalla
constatazione della fine
delle grandi narrazioni e
della caduta in disgrazia
della pianificazione,
fanno leva su una nuova
sensibilità per la salute
dell'ambiente e affidano
alla mobilità dolce il
ruolo di spazio pubblico
perché in fondo
"camminando si
scoprono altre
dimensioni del paesaggio
e dell'esistenza".
Di qui il progetto di
percorsi ciclopedonali e
la riconversione di strade
a scorrimento veloce e
vie ferroviarie in percorsi
per biciclette e pedoni
che, nel loro svolgersi,
irrorano la città
contemporanea di spazi
pubblici di nuova
generazione.
Infine, un ultimo
apprezzamento sul
volume: con grande
eleganza si è evitato di
concludere con quelle
insipide linee guida per il
progetto molto in voga
nella pubblicistica di oggi.