Recensioni / Estratto da La terribile lingua tedesca

Chi non ha mai studiato il tedesco non ha idea di che lingua assurda sia. Di sicuro, nessun'altra è altrettanto trasandata e caotica, elusiva e sfuggevole. Ci si tuffa nello studio fino al collo, nudi e indifesi, e quando si crede di aver avvistato una regola che offra un appiglio per riprendere fiato in mezzo al turbine furioso delle dieci parti del discorso, sivoltapaginae si legge: "Lo studente abbia cura di annotare le seguenti eccezioni e basta un'occhiata per rendersi conto che ci sono più eccezioni alla regola che esempi della stessa.
Questa è stata, e continua a essere, la mia esperienza col tedesco. Quando penso di avere in pugno uno di questi quattro sconcertanti "casi",proprio là dove mi sento più sicuro si intrufola nella frase una preposizione a prima vista insignificante, ma in realtà provvista di un potere terribile e inopinato, ed ecco che il terreno vacilla sotto i piedi. Per fare un esempio, il mio libro di testo si interroga sulla sorte di un certo uccello (questo libro si fa continuamente domande su argomenti del tutto insignificanti): "Dov'è l'uccello?". La risposta, secondo il manuale, è che l'uccello aspetta nel negozio del fabbro a causa della pioggia. Naturalmente nessun uccello farebbe mai una cosa del genere, ma bisogna dar retta a quello che c'è scritto, e allora mi accingo a risolvere l'enigma, cominciando dalla parte sbagliata, non c'è altro modo, perché è così che si fa in Germania...
In tedesco ci sono dieci parti del discorso, e sono tutte una tortura. In un giornale, la frase media è di una sublime e impressionante astrusità. Occupa un quarto di colonna e contiene tutte e dieci le parti del discorso, non in ordine, ma mescolate. E costruita principalmente da parole composte inventate dal giornalista sul momento, e perciò irreperibili in qualsiasi dizionario: sei o sette parole combinate in una senza giunzioni o cuciture, vale a dire senza trattini; affronta quattordici o quindici temi diversi, ciascuno chiuso in una parentesi, con qua e là extra-parentesi che racchiudono tre o quattro parentesi minori. Da ultimo, tutte le parentesi e le parentesi delle parentesi vengono stipate dentro una coppia di super-parentesi, una delle quali è piazzata nella prima riga della frase principale, e l'altra nel mezzo dell'ultima riga; infine arriva il verbo, e si può finalmente capire di che diavolo abbia parlato il tizio fino a lì. Dopo il verbo - con valore puramente ornamentale, per quanto riesco a capire - il giornalista se ne viene fuori con un haben sind gewesen gehabt geworden sein (un'accozzaglia senza senso di verbi, ndr), o qualcosa del genere, e il monumento è completato. Io credo che questo urrà finale abbia lo stesso valore dello svolazzo nelle firme: non serve aniente, mafalasuafigura. I libri tedeschi non sono troppo complicati se si mettono davanti a uno specchio o capovolti sopra la testa, in modo da poter leggere le frasi al contrario; ma arrivare a comprendere un quotidiano tedesco rimarrà sempre, io credo, un'impresa inarrivabile per un forestiero... Anchelanostraletteratura (americana, ndr) soffre del "morbo parentetico", ma se tra noi questo è il segno distintivo di uno scrittore dilettante o di una mente confusa, in Germaniaè il marchio di fabbrica di una penna esperta e di quella sorta di luminosa foschia intellettuale che fra quella gente vale per chiarezza. Certamente non è chiarezza, non può esserlo: anche un tribunale riuscirebbe a capirlo... Uno scrittore deve avere le idee un bel po' confuse, un bel po' fuori squadra se inizia dicendo che un uomo incontra per strada la moglie del consigliere, e poi nel mezzo di un'impresa così banale costringe i due personaggi a star lì impalati finché non hafinito di sciorinare l'inventario dei vestiti della donna. E inconcepibile, come quei dentisti che con le tenaglie attaccate al molare ti raccontano un aneddoto noiosissimo, e tu rimani lì trattenendo il fiato ad aspettare lo strappo mortale. Le parentesi in letteratura e in odontotecnica sono di cattivo gusto... Quando un tedesco mette le mani su un aggettivo, lo declina e insiste nel declinarlo finché non è scivolatavia anche l'ultima briciola di buon senso...
In Germania una ragazza non ha sesso, mentre una rapace l'ha. Questo fa riflettere sulla grande considerazione che i tedeschi hanno per le rape, e sul loro straordinario disprezzo per le giovani donne... Ora, in base alla disamina di cui sopra, il lettore capisce bene come in Germania un uomo possa credere di essere tale, ma se indaga la questione più a fondo sarà costretto a farsi qualche domanda. Nella realtà è un miscuglio assai ridicolo, e se prova a consolarsi pensando che almeno un terzo di questo caos è fatto di maschia virilità, subito dopo viene l'umiliante riflessione che da questo punto di vista non è diverso da qualunque donna o mucca del Paese... E vero che in tedesco, per una svista dell'inventore della lingua, una donna è di sesso femminile; ma una moglie (Weiss) non lo è, il che un po' dispiace. Una moglie in Germania non ha sesso: è neutra... I miei studi filologici mi hanno dimostrato che unapersonadotataè in grado di imparare l'inglese in trenta ore, il francese in trenta giorni e il tedesco in trent'anni: è dunque evidente che si tratta di unalinguache habisogno di essere semplificata e rimessa in sesto. Se dovesse rimanere così com'è, converrà archiviarla rispettosamente fra le lingue morte, perché solo i morti avranno il tempo di impararla.