Recensioni / Taoismo - Morelli

Capiremo mai il taoismo? Come tutte le grandi sapienze orientali sembra fatto apposto per essere frainteso da noi! Per accostarvisi suggerisco due letture. Anzitutto un libro di versi di un poeta cinese del Millecento, meravigliosamente tradotto da Paolo Morelli (più che tradurlo ne ha captato la voce, dispersa negli ideogrammi, come uno sciamano): La contrada natale dei sogni di Yang Wanli (Quodlibet). La poesia di Yang Wanli mi evoca una frase di Puskin rivolta a un poeta: "Descrivi, non fare il furbo". Quando chiesero al poeta Giovanni Giudici, traduttore di Eugenio Onegin di Puskin, cosa significasse, ha puntualizzato: "Non bisogna forzare la realtà". Non forzarla né sovrainterpretarla: essa possiede un suo ritmo, più o meno nascosto, che si tratta soprattutto di ascoltare. Così fa questa poesia, apparentemente dimessa, dove non ci sono metafore perché tutto è metafora (una nuvola è un dragone che è una nuvola). Descrive e racconta "quello che c'è": i colori, la pioggia, i fiori e le farfalle, le stagioni, il "mondo di polvere". Fuorviante paragonare Yang Wanli a poeti occidentali: qualcosa del suo nucleo poetico ci sfuggirà sempre. Poesia scritta in un dormiveglia vigile, sul punto di svenire dal sonno, con gli occhi — potremmo dire — "ampiamente chiusi". Il "wu wei" taoista è concetto intraducibile: agire non finalizzato... "Per il dolore chiamo aiuto al cielo, ma il cielo che ne sa?" Eppure, smosso dal profumo della vaniglia anche il vecchio — infreddolito e con i piedi doloranti — "è riuscito ad avere un po' di fresco".