Recensioni / Margherita Palli. Tutti i segreti del palcoscenico

«Io sono maniaca della grafica e della pulizia, venendo dalla Svizzera. Insieme alla casa editrice abbiamo scelto un volume che potesse stare in borsa e con una carta non troppo pesante. Dopo averci lavorato tanto, è uscito questo libricino, che non è un libro, ma un elenco del telefono, con una parte dedicata alle scaramanzie (ride. ndr)».
Quando Margherita Palli, una delle più importanti scenografe del panorama contemporaneo e pluripremiata icona del teatro, insieme ai suoi collaboratori, si è occupata della stesura del «Dizionario teatrale» (pubblicato da Quodlibet Naba Insights), lo ha fatto pensando a uno strumento utile per tutti.
Perché oltre ai mille letami (tradotti in sette lingue diverse), alle illustrazioni, agli spazi per le curiosità e alla descrizione del lessico teatrale e delle sue scaramanzie, nel libro, che sarà presentato lunedì al Teatro Due (in collaborazione con il Teatro Regio), Pelli ha deco dilicato codici, ritualità e segreti di un mondo, quello del palcoscenico, in cui tutti hanno un ruolo. Pubblico e teatrante L'idea di scrivere tra vocabolario vivo, la celebre scenografa l'ha avuta partendo dalla sua esperienza di docente in Naba, dove quotidianamente si confronta con studenti provenienti da tutto il mondo. «Mentre all'inizio avevo solo allievi italiani (o europei che parlavano italiano), ora nelle scuole di teatro arrivano persone di diverse nazionalità (in Naha, per esempio, abbiamo tanti indiani, turchi e coreani) - racconta -. Avevo lavorato a un piccolo vocabolarietto, perché girando nei teatri d'opera soprattutto, esiste questa Babele, che è tra naie di lingue pazzesche (l'Italia poi è un caso ancora più particolare, perché le parole utilizzate a Parma non sono le stesse di Milano). Negli anni '70 c'erano questi volumi ma erano di difficile lettura e quindi anche io, pur portandoli con me, facevo fatica a utilizzarli_ Quindi mi sono detta che sarebbe stato carino proporre qualcosa di leggibile per tutti e dato che Italo Rota e Guido Talloni (rispettivamente Scientific advisor e direttore di Naha, ndr) avevano instaurato con la casa editrice questa linea di saggi di design, io ho pensato di proporre questo dizionario, subito pensando che l'editore dicesse no (ride, ndr)». L'idea, nata prima che scoppiasse l'emergenza sanitaria, invece, è piaciuta e dopo un breve periodo di standby, anche perché, come spiega Palli, comporre un dizionario non è come scrivere un saggio, il lavoro ha preso forma.
«E stato faticoso e devo dire che il primo lockdovm ci ha permesso di far uscire questo volume - spiega la scenografa che, nella vita, oltre ad aver collaborato dal 1984 con Luca Ronconi e ad aver vinto diversi premi, da giovane, finita l'Accademia di Belle arti di Brera iniziò a lavorare nelle istallazioni e nel teatro con Alik Cavaliere e Gac Aulenti -. Con le amiche cinesi e russe lavoravamo su Zoom. ll dizionario è nato così e sembra che stia avendo successo».
Come spiegato dalla scenografa, non si tratta di un volume per tecnici: «È si rivolto a studenti e addetti ai Lavori perché serve (in Austria, per esempio, un giovane direttore d'orchestra me ne ha chiesta una copia), ma è utile perché ci sono anche termini, legati all'amministrazione, che riguardano lo spettacolo in generale, perché è vero che noi parliamo di teatro d'opera, ma non è che un concerto rock funzioni diversamente. Direi che è adatto anche a un rnelomane curioso di teatro: ci sono, infatti, dei saggi all'inizio ed è divertente non solo per un tecnico».
1 leniti sono tradotti in italiano (perché l'Italia è la patria del melodramma e del teatro), in inglese, in tedesco. in francese, in spagnolo, in russo e in cinese. »II motivo per il quale abbiamo scelto proprio questi idiomi e non altri? C0o l'editore abbiamo deciso di mettere i Paesi dove il teatro è nato (e dove si sono sviluppate quelle lingue). Poi c'è una colonna libera. che è per le note - specifica Palli -. Se una persona, per esempio, andasse a lavorare in hazakistan o in Portogallo, come capita a chi fa questo lavoro, potrebbe così aggiungere ciò che gli serve. Essendo un dizionario, speriamo che questo spazio lo renda un libro vivo».
La scenografa, che da sunpre lavora con i registi e «le loro manie», ha poi dedicato una parte del volume alle scaramanzie e ai gesti portafortuna del teatro: "Ci sono dei riti veri, nel senso che alcuni sono codificati, e poi ci sono quelli che ognuno di noi porta venendo da cose diverse. Mi sono chiesta cosa ne avrebbe saputo utrusso, arrivando in Italia, vedendo certi gesti. Oppure cosa avrebbe pensato sentendo il "Toi mi" tedesco o il "merde" francese. Oppure, ancora, perché non puoi fare certi gesti. Con gli amici teatranti di tutto il mondo, abbiamo ragionato sulle più significative e abbiamo messo insieme q ceste notizie. E, ovviamente, non conoscendole tutte mi sono anche divertita a scriverle».
E, quindi, sfogliando il dizionario curato da Palli si scopre che. per esempio. in Russia porta fortuna far entrare un gatto in un teatro in costruzione, ma sono in alcune fasi precise della realizzazione (altrimenti porta sfortuna). Oppure, ancora, il «Toi noi» tedesco, che deriva dal «Teufel', il diavolo che è un simbolo di «porte-honheur» (e cine si mette anche sull'albero di Natale).
«Ci siamo divertiti a scoprire delle piccole cose e abbiamo messo la mappa del mondo, con alcuni teatri. Non potendo, ovviamente, inserirli tutti. ci sono quelli più rappresentativi e quelli a cui sono più affezionato», aggiunge Palli. per cui il teatro, nella vita, è stato molto più di «un mestiere». «Quando e come ho deciso di diventare scenografa? Non l'ho scelto. lo sono svizzera, volevo fare altro e a un certo punto ho pensato di venire a Milano a fare una scuola: quella che sembrava la meno terrorizzante per la fantiglia, nell'Accademia di Belle arti, era scenografia, perché era un mestiere - conclude - . Prima volevo fare Io scultore, poi Auiutti aveva bisogno di qualcuno che avesse studiato scenografia, così ho fatto due volte da assistente, poi ho subito iniziato a lavorare da sola in teatro, luogo che tutta la mia famiglia frequentava (sia da parte di madre, sia di padre). Quasi tutti suonano, tranne me. Che sono stonata».