Fra tutti gli architetti che nell'ultimo secolo
hanno visitato l'American Academy di Roma,,
quello che ha lasciato un segno più forte è
senz'altro Robert Venturi. Scomparso ultranovantenne tre anni or sono, l'autore di Imparare
da Las Vegas era nato a Filadelfia da genitori
abruzzesi e per tutta la vita non ha festeggiato il
suo compleanno come tutti, il giorno della propria nascita, bensì quello del suo primo arrivo
nella città eterna nel 1948, quando gli sembrò di
toccare il cielo con un dito, esperienza ripetuta
poi fra il 1954 e il 1956 all'Accademia. Il suo
viaggio in Italia non fu solo un Grand Tour per il
Bel Paese o una riscoperta delle proprie radici,
ma un sovvertimento dell'architettura moderna
perché si toccò temi tabù o rimossi dalla modernità purista post Bauhaus come il contesto, il
simbolismo, il formalismo.
Per questo rivalutò architetti letteralmente vietati all'università o nei manuali come Luigi MoretCasa per la madre (1959-64), Robert Venturi Archìves
ti, il più sublime razionalista del Dopoguerra, o
Armando Brasini, l'immaginifico creatore del barocchetto romano, e movimenti fino ad allora disprezzati come il Manierismo e gli insorgenti temi
Pop come la pubblicità e la segnaletica stradale, il
tutto confluito nell'opus magnus Complessità e contraddizioni in architettura (pubblicato dal MoMA di
New York nel 1966).
Domani nel garage di via Nomentana 331 a Roma,
ospite del collettivo Warehouse architecture, lo stesso che da alcuni anni anima la bella rivista in grande formato "Panteon", Rosa Sessa presenta il suo
dotto studio Robert Venturi e l'Italia. Educazione, viaggi e privai progetti 1925-1966 (Quodlibet 20) dedicato
aí primi decisivi quarant'anni del grande architetto
insieme con Carolina Vaccaro, amica di famiglia di.
Venturi e della moglie Denise, e di Gabriele Mastrigli, studioso esperto del lavoro di Superstudio e
Rem Koolhaas che sono solo alcuni fra i tantissimi a
essere stati influenzati dal maestro di Filadelfia.