Roma è quasi sempre
sinonimo di passato: passato
artistico e culturale, passato
geopolitico e imperiale così
come cinematografico come
quando Roma veniva definita
la Hollywood sul Tevere e la
dolce vita era uno stile di vita
famoso nel mondo.
Questa idea di un passato
quale riferimento ideale e
assoluto è chiaramente un
limite allo sviluppo e all'idea
stessa di città ed è in parte
anche la causa dei tanti limiti soprattutto strutturali - che
oggi rendono complicata la
vita ai suoi cittadini e
visitatori.
Tuttavia il rapporto vivo e
continuo di Roma con il
passato la rende anche uno dei
pochi luoghi al mondo in cui il
passato riesce ad avere un
ruolo attivo potenzialmente
virtuoso e in cui la memoria
può intrecciarsi con la
contemporaneità regalando
visioni e possibilità uniche. Il
romanzo di Francesco
Cardelli, Romarcord, centra
fortemente questo punto
perché costruisce un vivido
racconto autobiografico che
prende il via dai primi anni del
secondo dopoguerra e
descrive Roma attraverso un
lessico famigliare.
La Roma di Cardelli è quella
composta da strade e quartieri
che fanno da sfondo ad una
quotidianità anni Sessanta che
tuttavia pulsa ancora oggi viva
nella memoria nazionale: la
prima auto, la prima coca cola,
la cena in pizzeria, il cinema e
la scuola. Cardelli assembla i
propri ricordi intrecciandoli
con quelli di un Paese che esce
poverissimo dalla Seconda
guerra mondiale e conosce la
prima ricchezza (e le prime
contraddizioni) con il boom
economico. Romarcord è un
ricordo affettuoso e
malinconico di un tempo
finito e concluso, ma anche
della forza e della presenza
assoluta di quel tempo nelle
strade e nei palazzi di Roma.
Una memoria dunque non
antica, ma che riguarda il
passato possibile nel tempo
breve di un'esistenza.
Ed è in questo lasso di tempo,
di un Novecento complicato
ed oggi esaurito, che si palesa
anche la forma di una città che
altro non potrebbe essere che
la capitale d'Italia. Un titolo e
un ruolo che veste a pennello
non tanto per la centralità del
potere (che è pure effettiva) o
per la maestosità dei suoi
palazzi e delle sue opere d'arte,
ma per quella capacità minima
se si vuole di rappresentare in
ogni suo borgo un qualunque
altro possibile borgo italiano.
Un tempo si diceva che a
Roma si diventava dopo pochi
giorni tutti romani, e lo si
diceva come nota di demerito.
La verità è che quella
romanità attraversa come un
fiume carsico tutto il Paese
rappresentando la nostra
storia tra vizi e virtù, e
soprattutto chi potremo
essere in futuro.