Quali, le tamerici di Arbasino? Come, lo «Stile Alberto», nel profilo salmastro ed
arso del suo vivere-scrivere?
Michele Masneri, giornalista bresciano de «Il Foglio»,
radiografa per Quodlibet il
neoavanguardista
(1930-2020) capace di mixare noblesse oblige e valla con
genial intuito, riversato in
un'opera - «infinita come il
Duomo di Milano di cui mandava volentieri cartoline» -
crudamente, divertitamente
diretta. Scendendo dalla natia Voghera, ha lasciato l'incredibile scia inchiostrata
(tra rap e impegno civile) che
oggi viene collezionata per la
profetica, dissacrante originalità.
Aneddoti, viaggetti, penne e
occhiali da restituire dopo appropinquamenti in via Gianturco mostrano (anche grazie al repertorio visivo di Paolo di Paolo) quel lui magistrale, prima in grisaglia, poi in
accappatoio e ciabatte. L'autore è vicino e lontano al proprio idolo («Timidissimi approcci goffi. Neanche lo intervistai mai, per un'altrettanto
goffa ansia di disturbarlo, o
di fargli domande troppo fesse»), una sorta d'incolume
Menhir svettante nel fascinoso orrore esuberante di Roma splendida-e-marcia, Roma salvavita-dann'anima.
Reportagista, critico, saggista e poeta, Arbasino esiste
nella non contraddizione di
frequentazioni scelte e poco
argomentabili - dal blasonato parterre di donne giunte
all'«età del caftano», alle eccellenze stilografiche (Capote, Cocteau, Céline, Mauriac,
Pasolini, Tondelli, Gadda...) -
poiché «maestro di sparizione e di ritegno»; ogni dato è
accessorio alla definizione di
un' allure ondivaga, stratificazione di registri vari che materialmente agganciano imprendibili auto sportive e
Asti Cimano, umanamente
abbinano una «gayness»
«scapestrata» a gentili affetti
sottochiave.
«Molto repentino nel cambiamento d'umore», «aggressivo con eventuali disturbatori», «capace di grandi digressioni, e improvvisi silenzi»:
Masneri lo profila senza sentimentalismi. Ma al «fan scatenato» del «James Bond mediopadano» si sono lucidati
spesso gli occhi, nell'emozione. Di un parallelismo mimetico, pure - tenero e non ostinato, da «hey, anch'io» - che
è un po il fulcro sinottico del
libro, la sua stessa lente empatica. Quell'«a immagine e somiglianza» riferisce ai medeDalla copertina del libro di Masneri
simi tentativi di carriera diplomatica (deragliati per darsi allo scrivere, ai giornali);
agli annusamenti, simili, attorno a certo farlocchismo
universitario; alle stesse terrorizzate fughe, from Lombardia to Capitale. Da qui in
poi, tutti inchini masneriani,
indietreggiando e un po' inciampando, avvampati, sulla
riverenza.
«Era un Google, Arbasino:
come il motore di ricerca ci
potevi fare tutto, leggere, trovare collegamenti, fare acquisti, e c'era soprattutto la funzione maps: leggendolo si costruivano percorsi di studio e
di vacanza». Quanta compagnia ha tenuto AA a MM, lungo una passeggiata quasi incredibile... La nostalgia dell'adesso, invece, non ce la dice
bene. Significa che il maestro, en passant, ha gettato il
seme.