Il titolo è Stile Alberto (Quodlibet), e non è solo un omaggio ad Arbasino, il migliore sinora reso all'inimitabile più imitato dei grandi italiani. E anche la storia dell'inseguimento di un maestro di sparizione e di ritegno: «Ho letto tutti i suoi libri!», «continui così, cavo». E via con cenette&pranzetti e libri che cadono dall'alto e feriscono la testa, mentre, in un muto coro di sì, si apre la caccia agli "arbasini rari". Lo scanzonato giornalismo di Michele Masneri, come già accade nei suoi preziosi articoli sul «Foglio», lievita e si monta in critica letteraria, la Recherche, Carlo Emilio Gadda... e, su tutto, i Fratelli d'Italia nelle tre edizioni. C'è pure lo spazio per l'antologia, brani scelti e commentati, densi come noci. E intanto cresce la vicinanza di terrazzo e gardenie sino al viaggio in macchina, che è quanto di più intimo si possa oggi condividere, dopo l'amore ovviamente. La biografia di Arbasino (1930) diventa l'autobiografia di Masneri (1974), Brescia si dissolve in Voghera, e sono gli stessi anche gli studi per (non) diventare diplomatici, come Stendhal, come Carlo Dossi, come Romain Gary. Ha il sapore dell'Oriente rinascere a Roma, e il sesso, protagonista per accenni di humour, profondità ed eleganza, è il disincanto del guardaroba-incanto, vale a dire della Forma che, alla maniera di Adolf Loos, è sentimento: il vivere e lo scrivere, gli oggetti che diventano racconti, come gli smoking messi o tolti tra i cespugli, mentre gli articoli diventano saggi che diventano romanzi e, con la cravatta «mai con i disegnini», introducono il miglior sound dell'italiano parlato, virgolette e corsivi in mutande a fiori sul barcone sul Tevere con Pasolini, ma senza cedimenti all'eccentrico e al creativo di massa. E ancora: l'ammirazione e persino la somiglianza con l'avvocato Agnelli, il Pri, antico partito di idealisti del latifondo, Kissinger, Capote, le solite contesse, banalità e tormentone, senza la forza dei classici: la gita a Chiasso, la casalinga di Voghera, signora mia... Più irritanti sono gli scrittori italiani in crisi nel tinello, tra gesti e ammicchi con camicia disinvolta e pantaloni letterari d'aspetto appena un po' mondano, ben sapendo che l'unica strada per andare dentro nel racconto sono le calze intonate sempre all'abito (e non, tragico errore, alla cravatta). Etica, estetica, etichetta: mai lamentarsi e mai essere noioso, mai sprofondare nel sentimentale. Corre il libro, illustrato dalle foto di Paolo Di Paolo, che oggi ha 96 anni ed è stato il fotografo del «Mondo», corre come la Valentina della Vanoni, corre controvento sulla Mg di AA verso gli allegri marchettoni, dai cigni di Piazza del Popolo ad Amburgo, ad Harvard, alla Sorbonne, a Spoleto... fino alla bibliografia confidenziale che è la piccola gioia che Arbasino avrebbe amato di più, tra dediche manoscritte, e saluti a pvesto a pvetso: «Non sarò ragazzo mai più, e neanche lo vorrei, però mi è piaciuto molto».