Recensioni / I libri del mese

Non esisterebbe la letteratura senza l’influenza (Bloom docet) e, fateci caso, gli scrittori che dichiarano la propria urgenza come principio regolatore e nessuno modell ispiratore sono anche quelli che scrivono le robe peggiori. Ma, generalmente, un grande scrittore è anche uno che nel tentativo di imitare un modello forte è riuscito a superarlo. E, sempre generalmente, chi resta alla fase dell’epigonismo (la fase anale dell’apprendistato letterario) non diventa un bravo scrittore. Generalmente appunto, perché vi sono anche casi in cui l’imitazione di un modello, insistita, consapevole, si afferma come uno stile completamente personale e riconoscibile. È il caso di Michele Masneri che da arbasiniano dichiarato è riuscito a diventare masneriano. E che in questo piacevolissimo librino, uscito per Quodlibet, con copertina site specific di Francesco Vezzoli, chiude il cerchio di questo suo rapporto, apparentemente poco sofferto e nemmeno tanto edipico, con il suo padre letterario. Un “corpo a corpo”, lo definirebbe il critico, ricco di storie bellissime dell’Italia culturale anni Cinquanta e Sessanta (bellissime per esempio sono le pagine che raccontano il rapporto di AA con Pasolini), così come di tragicomici aneddoti personali (bellissimo è anche, per esempio, il racconto del rapporto tra i due: in punta di piedi, fugace, a volte formale, tra un imbarazzante invito a casa e un viaggio in macchina iniziatico). Leggerlo è come entrare in uno di questi salotti super-borghesi, se non addirittura principesseschi, frequentati dall’autore di Fratelli d’Italia (e un po’ anche da Masneri): si resta in silenzio e si ascolta ammirati e divertiti questo gossip a forma di letteratura.

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