Recensioni / Alberto Arbasino brillava in tutto

Nato a Voghera nel 1930, rinato a Roma negli anni cinquanta, scomparso a Milano l’anno scorso, Alberto Arbasino brillava in tutto: nella narrativa, nel reportage, nella critica. Persino come conduttore televisivo lasciò il segno: i suoi “Match” che mettevano faccia a faccia due protagonisti della cultura, per esempio Mario Monicelli contro Nanni Moretti, sono ancora oggi godibilissimi.

Artista di testa e non di sentimenti, Arbasino era troppo intelligente per capire davvero il nostro paese. Il suo romanzo maggiore Fratelli d’Italia si dispiega come una fluviale conversazione sulle sfumature di un’epoca, sfumature che però risultano emblematiche. L’intelligenza di Arbasino non era malinconica e autocorrosiva come quella di Ennio Flaiano, non era cristallina e religiosa come quella di Leonardo Sciascia, era sfrontata e pudica come l’intelligenza di Paul Valéry. Pudica sino all’autocensura, tanto che a un certo momento smise di scrivere opere d’invenzione dedicandosi al giornalismo d’alto bordo.

Michele Masneri, brillante cronista culturale dei nostri anni, ad Arbasino ha dedicato il taccuino Stile Albert edito da Quodlibet. Il libro è un elegante prodotto editoriale (bel progetto grafico, belle illustrazioni fotografiche), ma è soprattutto la divertente cronaca di un’ossessione, dai primi palpiti sfogliando casualmente alcune pagine arbasiniane, fino all’ultima cena al ristorante con il vecchio scrittore. Un’ossessione letteraria ma anche esistenziale: «Le cose più interessanti mi sembrava di averle vissute e imparate grazie ai suoi libri, dunque una vita di secondo grado, di cui lui era la fonte».

Michele Masneri si mette sulle tracce del maestro, sogna di diventarne il nipotino spirituale, si specchia nelle sue predilezioni estetiche e nei suoi snobismi mondani, ma sbatte contro l’invalicabile pudore dello scrittore. Il cuore rivelatore del libro sta in una fugace visita di Masneri a casa del suo mito: lo trova in accappatoio, un comune accappatoio di spugna bianca, con delle comuni ciabattine da piscina. Il dandy Arbasino non offre al giovane ammiratore una coppa di champagne, ma un dozzinale spumante italiano di quelli dolciastri, quelli da pacco natalizio. Michele Masneri sbatte contro il volto sotto la maschera.

Avversario della seriosità, Alberto Arbasino sapeva pattinare con grazia sulle superfici. Egli eccelleva nell’arte della sprezzatura: trattava con leggerezza le cose serissime e seriamente le cose leggere, ma senza centrifugare tutto come avviene nella cultura media. Ogni cosa restava al suo posto e questa mi sembra la sua più preziosa lezione.

Recensioni correlate