Recensioni / In fondo Gesù ['aveva l'allenatore

Le storie dietro la storia sacra: così si potrebbero sottotitolare i Vangeli nuovissimi con cui Mario Valentini torna alla narrativa dopo tre anni. La ricerca del Gesù storico dietro al Cristo delle Scritture e della teologia è tema su cui a lungo si sono interrogati non solo storici e filosofi della religione, ma scrittori e poeti: una tradizione lunghissima che va almeno dalla Vita di Gesù di Georg Wilhelm Friedrich Hegel al José Saramago del Vangelo secondo Gesù Cristo, un entretien infini nel quale Valentini — siciliano trapiantato a Bologna alla scuola di Ermanno Cavazzoni, di Gianni Celati, di Paolo Nori — si inserisce con le venature dello stile comico e di una scrittura che si piega alle forme dell'oralità tipiche di quella scuola.

Quanti Gesù ci consegnano i Vangeli? In quanti modi, secondo quante chiavi, possiamo leggere la vicenda evangelica così come ci è stata tramandata? E legittimo vedere in Cristo un proto-vegetariano? Un ambasciatore dell'ecologismo che ci mette in guardia dai rischi del cambiamento climatico? «Parlava con le piante e con gli uccelli osservava con attenzione la vita dette api e degli insetti. Chiamava il sole fratello e la luna sorella. Quando andava nel tempio a dire queste cose i sacerdoti e gli scribi lo accusavano di essere idolatra. Dicevano che il suo era un insegnamento pagano. Lui rispondeva che la natura era espressione della grandezza di Dio padre, signore del Cielo e della Terra, di tutte le cose visibili e invisibili».
Oppure è possibile che Cristo sia stato una sorta di personal trainer che allenava spiritualmente e fisicamente i propri discepoli? «Era una vita dura fare l'apostolo. Serviva grande abnegazione, allenamento. Ed è per questo che Gesù aveva introdotto l'attività sportiva nella sua predicazione e li obbligava ad allenarsi ogni mattina. Si abituavano a reggere le fatiche di una vita grama e vagabonda, sempre in cammino».
Se invece viene privilegiato il Cristo dei miracoli, avremo un Vangelo delle guarigioni che fa dei Dodici «d'équipe medica più efficiente della Galilea e della Giudea [...]. Guarivano e predicavano, predicavano e guarivano. Gesù e i dodici apostoli erano una congrega di medici itineranti sospinti da un ideale religioso, che andava in giro a fare del bene al prossimo».
Oppure, specularmente, un Vangelo dei superpoteri che, sulla scia del celebre Jesus Christ Superstar, fa di Cristo una sorta di Superman di natura divina: «Superman infatti saltava così tanto perché veniva da Krypton, un pianeta molto più grande della Terra, dove la forza di gravità era enorme [...]. Così poi, quando si ritrovò a fare dei salti sulla Terra, riusciva a saltare sulla cima di un palazzo. I superpoteri di Gesù invece non avevano nessuna spiegazione scientifica. Erano pura mente soprannaturali. Venivano solo dal fatto che lui era figlio di Dio». Ma c'è spazio in questi Vangeli anche per un Gesù Malpelo, incattivito e teppista, che offre lo spunto per la classica interrogazione gnostica sul dio che osserva (compiaciuto o impotente?) le sofferenze umane; o per una riflessione, con cui il libro si chiude, sugli «imitatori» del Cristo, sui falsi profeti che si intestano l'esclusiva del verbo miracoloso e salvifico.

Lo stile svagato e a tratti fiabesco è sfruttato da Valentini per accentuare la percezione che la vicenda evangelica ancora ci riguardi, che parli al nostro presente più che agli uomini e alle donne di Galilea di duemila anni fa: la sua scrittura, a tratti desacralizzante, non assume mai toni eretici o sterilmente polemici. Valentini di Cristo mette in luce lo sguardo innocente, l'attenzione per il creato e le creature, la tensione al bene (un bene sempre inteso ingenuamente, privo di qualsiasi sovrastruttura teorica o ideologica).
Non sarà un caso che, pur nella infinita variazione possibile del testo evangelico, un dato rimane costante e accomuna tutti i capitoli di questi Vangeli nuovissimi: la sostanziale incomprensione del messaggio (o meglio: dei messaggi) che Cristo consegna all'umanità e il destino del Golgota che lo attende. Ancora una volta, con Giovanni e con Leopardi, si potrebbe chiosare E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce.
Intessuti a partire dai vangeli sinottici e dagli apocrifi, questi Vangeli nuovissimi sono tali perché inseguono, ironicamente, le nuove tendenze del nostro presente (l'allenamento sportivo, le diete vegetariane e vegane, i manifesti della green economy) ma in essi risuona anche l'eco dei Novissimi della tradizione apocalittica, le cose ultime a cui l'umanità va incontro, e si presentano così come una sorta di escatologia dei nostri giorni intensa secondo il magistero di Hans von Balthasar, dove la teologia delle cose ultime è declinata prima di tutto come teologia della finitezza.