Tempo di retractationes, nel senso proprio ed agostiniano di tale termine. Un grande studioso, Adriano Prosperi, si volge alla sua lunga e prestigiosa carriera e in un poderoso volume di quasi 800 pagine dal sobrio titolo, Eresie (Quodlibet, pagine 772, euro 32,00), affronta in tema lo studio del quale lo ha visto protagonista da oltre mezzo secolo insieme con uno dei suoi più prestigiosi maestri, Delio Cantimori. E sceglie per presentare il frutto delle sue ricerche un editore raffinato ed esclusivo: la maceratese Quodlibet, la quale in un'austera, nitida veste sta pubblicando una collezione di "Studi" giunta ormai al cinquantanovesimo volume (questo, appunto) il catalogo della quale é un'esemplare rassegna. Vi s'incontrano difatti, tra gli altri, Panofsky, Saxl, Wittgenstein, Agamben, Deleuze, Cases, Ginzburg, Bettini, Mengaldo, Fortini, Chiffoleau, Pessoa, Jesi, Gaeta, Kelsen, De Carolis, Spitzer e perfino il Leopardi dei Disegni letterari. Una vetrina da togliere il fiato, che qualunque editore di qualità invidierebbe. E nella quale era già comparso uno studio destinato a far molto rumore: Giochi di pazienza. Un seminario sul "Beneficio di Cristo", scritto da Carlo Ginzburg e, appunto, da Adriano Prosperi. Eresie è alla sua seconda edizione. Fu difatti già pubblicato nel 2010 dalle romane Edizioni di Storia e Letteratura come primo volume di Eresie e devozioni. La religione italiana in età moderna, nel quale si presentavano vari saggi il meno recente dei quali, Un processo per eresia a Verona verso la metà del Cinquecento, comparso nel 1970 su "Quaderni storici", attirò sull'allora giovanissimo studioso toscano l'attenzione di molti suoi più anziani colleghi. Chi scrive ricorda nitidamente di averne discusso con Giorgio Spini, del quale egli era allora assistente. Ma, rispetto alla prima edizione di oltre un decennio fa, questa si presenta generosamente arricchita: vi compaiono difatti Antonio Arquato fra Cantimori e Garin, dell'11; Gli storici italiani e la religione, ancora dell'11; Il Serveto di Roland Bainton, del medesimo anno; Vaticinia Pontificum, del '12; Intorno alle lettere di Lucrezia Gonzaga, del '13; Sigismondo Arquer, i gesuiti e le "Indie sardesche", ancora del '13; Savonarola dal falò delle vanità al rogo, del medesimo anno; Lo stato e i paternostri, del '16; L'Aurora italiana di Lutero, ovvero il Lutero italiano, del ' 17; Antonio Musa Bresavola e la sua Vita di Cristo, del 2020; Il cristianesimo della fede e quello della carità, del '17, nel quale netti si colgono gli echi della situazione attuale della fede cristiana e della "svolta" di papa Francesco. Parecchie decine di pagine di novità, alle quali si aggiungono due veri e propri inediti: Calvino e l'Italia nonché Parole antiche, idee nuove: eresia e ribellione nella storia del crimen lesae maiestatis. Insomma, nella pratica un vero e proprio libro nuovo e innovatore: qualcosa di molto diverso dalla stessa pur pregevolissima raccolta del 2010. Se provate - come ho grossolanamente provato a fare io, che pur non sono né storico dei cristianesimo, ne cinquecentista - a rileggere i ventiquattro saggi che costituivano la precedente edizione alla luce dei ben tredici che compaiono nella nuova, ci trovate non solo una quantità di elementi e di spunti nuovi e innovatori che precisano e approfondiscono quanto precedentemente affermato; ma anche - e soprattutto - una solida e convincente compattezza metodologica e concettuale che davvero dà il senso di un lavoro coerente e appassionato portato instancabilmente avanti per oltre mezzo secolo. Sono rimasto i modo particolare colpito da quel che accostando differenti passi di questo libro emerge a proposito del confronto tra Savonarola e Machiavelli nell'elaborazione di un'inquieta "religione italiana sul ciglio della Riforma e del mutamento storico-semantico: del concetto stesso di religione» intervenuto in, quegli anni decisivi sullo scorcio fra Quattro e Cinquecento; nel quale avrebbe davvero potuto accadere tutto e di tutto;e dalle pagine (che, confesso a mia vergogna, non conoscevo fino ad oggi) nel 2011 dedicate a quel Delio Cantitnori intensamente e dolorosamente passato dall'intransigenza fascista e si potrebbe addirittura dire filonazista (sia pur sui generis e a modo suo a sua volta "ereticale") degli anni Trenta - ricordo il grande studio su Carl Schmitt al comunismo e alle rifessioni sul cristianesimo degli anni più prossimi alla sua purtroppo immatura scomparsa. A proposito di ciò, peraltro, cose importanti e anche commosse erano già state dette da Giovanni Miccoli.