Recensioni / Arbasino e la passione per i diminutivi unico antidoto alla pomposità della vita

Uno scrittore e giornalista dalla prosa suadente, Michele Masneri, sceglie la postura dell'ammirazione per raccontare Alberto Arbasino, professore, maestro, come chiamarlo? Chiamami Peroni, sarò latuabirra, avrebbe risposto lui citando De Chirico che citava a sua volta una pubblicità molto nota. Arbasino, campione di sprezzatura, ineguagliabile osservatore del ridicolo, autore del gigantesco romanzo che si tenne accanto per tutta la vita, come una continua dialisi, scritto e riscritto perché non mancasse nessun aspetto dell'italica lanugine esistenziale, aristocratica e burina, vista con gli occhi di alcuni ventenni sempre in viaggio. Fratelli d'Italia, pubblicato per la prima volta nel 1963, queer ante litteram, monumentale vocabolario del chi siamo e intorno a cosa giriamo. Ma per Masneri «l'innamoramento letterario e l'immedesimazione delirante» non partirono da lì, dal più noto dei libri di Arbasino. Piuttosto un giorno gli cadde letteralmente in testa, in una libreria romana, L'anonimo lombardo<7i>, resoconto delle avventure galanti di giovani favolosi la cui lingua, gli sembrò, non somigliava a nessun'altra. Sono gli anni novanta, e Masneri, sceso nella capitale dalla natìa Brescia con l'ambizione di diventare diplomatico, viene folgorato dalla lettura. Da lì in poi è tutto un cercare di accaparrarsi l'opera omnia in ogni edizione, impresa di cui dà conto nell'ultimo capitolo di Stile Alberto (pubblicato dall'editore Quodlibet che con questo libro inaugura una nuova collana intitolata Storie) intitolato «bibliografia confidenziale arbasiniana».
Scoprirà in fretta, il giovane Masneri, che anche Arbasino avrebbe voluto farsi ambasciatore. E anche lui rinunciò, ma non rinunciò mai a farsi più cosmopolita possibile, ad arrivare prima degli altri sulle tendenze internazionali, a inseguire la musica classica, sua grande passione, su e giù per tutti i teatri del mondo.
Anche Masneri viaggia, conosce, fa stages, corsi, università. E un altro giorno, quando ormai la sua fama di lettore espertissimo e cultore tra i cultori si è sparsa tra gli amici, grazie a uno di loro, Gianluigi Ricuperati, si ritrova seduto in macchina accanto al suo idolo letterario. Diretto a un festival nelle Marche, AA ha con sé un «valigino» (così definito perché la sua minutezza lo rende orgoglioso, ma anche perché considerava i diminutivi in generale, un antidoto all'insopportabile pomposità di vita e di scrittura) e un vecchio telefono cellulare, il cui numero è inaccessibile a tutti tranne al fidanzato Stefano. Anche se entrambi avrebbero aborrito la parola, precisa Masneri. L'amico Stefano piuttosto, come lo chiamava, che gli sarebbe rimasto accanto per tutta la vita dividendo con lui la casa di via Gianturco a Roma (le cui foto, di Giovanna Silva, corredano il libro, insieme a quelle di Paolo di Paolo e qualche scatto rubato e amorevole dello stesso Masneri), fin quando, inopinatamente, morì, nel 2018, due anni prima del maestro.
In un capitolo intitolato «Petrolio & Petronio» Masneri si addentra proprio in questa questione, che avremmo imparato col tempo a chiamare politicamente corretto. Arbasino apparteneva a un altro tempo e un'altra Roma, spiega, e praticava un don't ask don't tell di arcana e aristocratica memoria. La sua generazione aveva a disposizione parecchia manovalanza sessuale, che la notte si raccoglieva a Monte Caprino e Villa Borghese. Militari e marinai, poveri giovani e belli che trattavano l'omosessualità con noncuranza, a patto che rimanesse segreta e retribuita. Di questa pastura si nutriva anche l'amico e rivale Pasolini, che dopo aver pubblicato il suo esordio, alcune poesie, nella rivista Officina, gli scrisse una lettera acrimoniosa. La trovate in Stile Alberto, insieme ad altri ricordi, fotografie, citazioni, oggetti, aneddoti indimenticabili come quello di AA che accoglie nella sua casa l'imbarazzato Masneri indossando un accappatoio di spugna bianco e ciabattine da piscina.
Romanzo di formazione di un lombardo capitato a Roma, ma soprattutto una sorprendente biografia «per contagio». Ritratto prezioso di un intellettuale tanto mondano quanto riservato, stanato con grazia e intelligenza da uno scrittore spudoratamente devoto.

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