Recensioni / Parodia dello stile scientifico

Con i suoi scritti più e conosciuti e importanti (La vita istruzioni per l'uso, Le cose, Un uomo che dorme, W o il ricordo d'infanzia) lo scrittore francese Georges Perec ci ha abituati allo straniamento e alla divagazione.
Qui, se possibile, troviamo un Perec ancora più folle, più avanguardista, il Perec più Oulipo che si possa immaginare ma con l'aggiunta di suggestioni claustrofobiche alla Chapek e alla Durrenmatt.
Niente o pochissima trama ma solo linguaggio in queste pagine borderline dove l'obiettivo, se un obiettivo extralinguistico esiste, è quello della parodia dello stile scientifico, del vezzo accademico, dell'acribia erudita, della comunicazione congressuale, del gergo tecnico (in uso nelle discipline naturali come in quelle storiche e letterarie) portato all'esasperazione.
Intere pagine dedicate alla vita di studiosi esauriti e solitari e alle bizzarrie di una scienza inutile, al resoconto di scoperte inconsistenti, allo studio di fenomeni con un interesse pari a zero ("i misteri della pigmentazione nella zebra", "la disidratazione nel cammello", gli incroci della "Coscinoscera"), a ricerche condotte con metodi assolutamente improbabili: osservare "le reazioni motorie, visive, vegetative e comportamentali" delle cantanti liriche sottoposte al lancio continuato di pomodori. Con tanto di gruppo di controllo, come si addice a una vera indagine sperimentale: e se invece di pomodori ad essere lanciati fossero altri ortaggi? O frutta? O pomodori sì ma trasformati, ad esempio il Ketchup?
Due insigni studiosi (Unsofort&Tchetera) fanno notare che "più si tirano pomodori alle cantatrici, più esse urlano", mentre altri studi indagano le differenti reazioni (singhiozzo, acuto, fusa, fiato mozzo etc) al lancio di "cavoli, mele, torte alla panna, scarpe, incudini e martelli." Ci mancano solo i gatti morti.
Intere pagine dove Perec, assoluto padrone di una lingua tutta sua, e muovendosi sempre sul labile confine che separa il reale dall'irreale, porta il lettore a smarrirsi nel gusto della citazione, nella pedanteria degli elenchi, nel gioco dell'invenzione, nelle manie di redivivi Bouvard e Pécuchet, nella deriva impazzita di retroscena, note, bibliografie, appendici, abstract, grafici, allegati, minimi dettagli. La pagina bianca non poteva essereoccupata in modo più ricco e dinamico, la pagina come spazio dell'immaginazione che va da tutte le parti. Se non fosse un gioco, se non fossimo disposti a farci coinvolgere da un maestro della sperimentazione poetica, a farci letteralmente giocare da lui, saremmo trascinati (ed è questo l'intento) in un vuoto cosmico, dove solo agli iniziati sarebbe dato di orientarsi. Un parlarsi addosso, all'interno di una monade blindata, di una nicchia tutta chiusa su sé stessa, popolata da uomini incuranti del mondo che c'è la fuori, che vanno alla ricerca "di un segreto da strappare. Ma se segreto c'è, non è certo là dove noi andiamo a cercarlo."
Come in La vita istruzioni per l'uso la comprensione resta sempre monca, l'ultimo pezzo del puzzle introvabile, introvabile il senso stesso del cercare e del comprendere.