Recensioni / Nel Medioevo troviamo l'immagine di noi stessi

Come esiste un movimento chiamato classicismo — inteso quale ripresa, attualizzazione, ricodificazione, rifunzionalizzazione dei classici e del mondo classico —, potremmo parlare di "medievalismo" a proposito di un'immagine del Medioevo, la nostra, mediata e filtrata dalle opere dei secoli successivi. Ne è convinto Salvatore Ritrovato, che nel suo saggio Antieroi e uomini liberi. Quattro passi fra Medioevo e letteratura (Quodlibet, pagine 126, euro 12,00) propone un'indagine di come l'epoca medievale sia stata riletta da alcuni autori di età seguenti.
Il volume consta di quattro saggi che affrontano ciascuno un'opera in particolare. Si parte con i secenteschi Bertoldo e Bertoldino di Giulio Cesare Croce, considerato il fondatore della letteratura dialettale bolognese: padre e figlio, quest'ultimo tanto sciocco e dissenato, quanto il padre astuto e pronto. Si prosegue con la saga di Millemosche, inventata da Tonino Guerra e Luigi Malerba: sette volumi pubblicati da Bompiani tra il 1969 e il 1974, con le splendide illustrazioni di Adriano Zannino. L'opera conobbe una trasposizione televisiva in uno sceneggiato Rai dal titolo Storie dell'Anno Mille, diretto da Franco Indovina e con un cast d'eccezione: tra gli interpreti, Franco Parenti, Carmelo Bene, Giancarlo Dettori, Falco LuIli. Anche in questo caso, come in quello di Giulio Cesare Croce, a essere messo in scena è un Medioevo basso e in molti casi triviale, in cui dominano quegli elementi carnevaleschi e materiali-corporei messi a fuoco negli studi di Michail Bachtin: il Medioevo dei vinti, dei marginali, degli "spostati", più che quello di chi, detenendo il potere, ne ha dettato l'immagine ufficiale. Gli ultimi due capitoli sono incentrati rispettivamente sul Milione di Marco Polo (e sulle sue riletture novecentesche) e sul romanzo Le città invisibili, in cui Italo Calvino propone una propria personalissima via al Medioevo.
II saggio di Ritrovato, che è docente di Letteratura italiana moderna e contemporanea all'Università di Urbino "Carlo Bo", ha il merito di ripercorrere queste tracce di Medioevo sparse nel nostro immaginario, attingendo alla letteratura ma anche al cinema, compreso quello comico e popolare (dalla saga di Brancaleone di Mario Monicelli al Sacro Graal dei Monty Python). Le opere specificamente prese in considerazione vengono messe a confronto con altri testi di non secondario rilievo in relazione al tema in esame: per esempio, Mistero buffo di Dario Fo, Il nome della rosa di Umberto Eco, Salutz di Giovanni Giudici, Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini di Mario Luzi. Sono tutti tasselli di un discorso critico ampio e articolato, costruendo il quale lo studioso evidenzia un risvolto molto importante della sua ricerca: «Man mano che ci si inoltra nel Novecento, il Medioevo diventa una cartina di tornasole sempre più efficace per comprendere le maggiori questioni della società del nostro tempo, e scrittori come (per citare grandinomi) Pound, Eliot, Pasolini, fino a Seamus Heaney, autore di Sweeney smarrito, per arrivare ai nostri giorni, ne hanno preso a prestito opere, testi, figure, per entrarenel merito di situazioni per le quali altrimenti non avrebbero trovato parole più idonee a liberarle dai clichés fissandone gli aspetti paradigmatici». Così, nel rapporto che abbiamo con il passato medievale possiamo leggere anche l'immagine di noi stessi. E quell'epoca apparentemente lontana diventa metafora di una contemporaneità che si interroga su se stessa.