Uno sguardo alle periferie e nasce un interrogativo: tra i piani del rinnovato Campidoglio c'è l'impegno a ridurre, se non proprio ad eliminare dall'area urbana i «paesaggi dello scarto e dei rifiuti»? Si tratta di «impianti di autodemolizione, di depositi di materiali edili, di discariche, di edifici abbandonati, di aree dismesse, di insediamenti abusivi» che infestano la Capitale. L'urbanista Piero Ostilio Rossi definisce tutto questo la «città inversa» che nei decenni si è formata nelle zone periferiche dando vita a quelli che il collega americano Allan Berger chiama i drosscape, i paesaggi dell'abbandono. Non risulta che sia un progetto organico per affrontare un problema che certamente è complesso ma che potrebbe anche essere risolvibile. In uno studio pubblicato di recente, Rossi sostiene che la prima cosa da fare per entrare in azione è mappare gli «spazi-spazzatura» (junkspace, secondo Rem Koolhaas): un'operazione indispensabile per cominciare a risanare la metropoli. Quanti e dove siano i «paesaggi dello scarto e dei rifiuti» nessuno lo sa. La nuova amministrazione comunale ha quindi l'opportunità di avviare il nuovo anno imprimento una svolta all'inerzia che il Campidoglio ha sempre dimostrato in questo campo. Roma si sta preparando al Giubileo del ’25 e all'Expo del ’30: ha quindi bisogno di manutenzione ma anche di riqualificazione del tessuto urbano. Che gli sfasciacarrozze se ne facciano una ragione.