Recensioni / Fabio Moliterni, Una contesa che dura

Il volume si compone di dieci saggi su poeti italiani del Novecento e contempo-ranei che si segnalano per la ricchezza dei riferimenti culturali.
Si inizia con l’analisi del Frammento LI di Clemente Rebora («Falso movimento: sul Frammento LI di Clemente Rebora», pp. 15−26), di cui si evidenzia l’organizzazione di tipo binario, per poi contestualizzarlo all’interno dei Fram-menti lirici, dove pure compaiono altri testi sul tema del movimento. Si tratta di «una di quelle pause ragionative di segno negativo» (p. 20) influenzata dalle filosofie della vita di inizio secolo, indicativa dei temi e delle forme adottate prima della conversione al cristianesimo.
Seguono due saggi su poeti salentini. Nel primo si ragiona sull’opera di Girolamo Comi nel contesto della lirica del Novecento («Girolamo Comi e la poesia del Novecento», pp. 27−40); «poeta extra-territoriale» perché estraneo alle tendenze dominanti della poesia italiana (anche in ambito editoriale), ma legato alla tradizione dell’orfismo per l’inclinazione trascendentale di alcuni dei suoi versi migliori. Poi è la volta di Vittorio Bodini e del suo rapporto con il Barocco, con gli sperimentalismi e con il recupero delle avanguardie («Vittorio Bodini e Luciano Anceschi: ‘il fascino del rischioʼ», pp. 41−64); questioni affrontate attraverso le relazioni – testimonianze inedite provengono dal carteggio del poeta – con Luciano Anceschi.
Dopo un saggio sulle poesie giovanili di Roberto Rovesi («Una ‘spina di furoreʼ. Le poesie giovanili di Roberto Roversi», pp. 65−80), in cui l’angoscia per la condizione umana si esprime attraverso le forme anomale dell’idillio e dell’elegia, è la volta di un intervento criticamente molto denso sulla presenza dantesca nell’opera di Vittorio Sereni («‘Questo trepido vivere nei mortiʼ. Una Stimmung dantesca nell’opera di Vittorio Sereni», pp. 81−108). Lo studio infatti non si limita a un censimento dei dantismi negli Strumenti umani, ma ambisce a individuare «una funzione o una Stimmung dantesca» (p. 86), cioè le modalità attraverso cui si realizza quel travagliato dialogo con l’autore della Commedia, nonché con il sistema di valori da essa tramandato. L’analisi di testi esemplari per la questione come Intervista a un suicida porta lo studioso a parlare di un «regime di dantismo trasversale» (p. 103), cioè a più livelli, dalla ripresa di aspetti linguistici a quella di situazioni, atmosfere nonché del procedimento del colloquio ultramondano. Di Rovesi e Sereni, entrambi promotori di un’idea di poesia alternativa a quella indicata dalla Neoavanguardia, si parla pure nel successivo capitolo che prende in esame il loro carteggio («‘Vincendo i venti nemiciʼ: sul carteggio Roversi-Sereni», pp. 109−120).
Vi è poi un saggio sulla complessa questione del tempo nella poesia di Franco Fortini («Poesia e tempo in Franco Fortini», pp. 121−136). Influenzato dalla filosofia della storia di Benjamin, Fortini immette nei suoi versi voci provenienti dal passato, che con la loro presenza rivendicano l’esistenza di dimensioni temporali alternative a quella di un presente che è tempo della privazione e dell’immobilismo. Altra reazione allo squallore del presente consiste nel caricare di odio e rancore le liriche, in particolare a partire dalla stagione delle poesie degli anni Sessanta.
Il libro si conclude con tre saggi su poeti contemporanei. Nel primo l’aggettivo ‘postume’ posto tra parentesi nel titolo – «Poesie (postume) degli anni Zero: Benzoni, De Angelis, Viviani» (pp. 137−172) – potrebbe alludere a quegli elementi di continuità tra la poesia dei nuovi autori e i maestri riconosciuti della lirica italiana del secondo Novecento (Montale e Sereni su tutti). Ferruccio Benzoni, Milo De Angelis e Cesare Viviani sono per lo studioso tre poeti che con le loro raccolte – rispettivamente Numi di un lessico figliale (1995), Tema dell’addio (2005), L’opera lasciata sola (1993) – hanno imboccato una strada alternativa rispetto a tanta poesia italiana degli ultimi decenni, finendo però col diventare dei riferimenti nel panorama letterario contemporaneo. Per la com-plessa poesia di Benzoni l’influenza dei maestri modernisti (nel suo caso anche Paul Celan) è tale che «si dovrà parlare propriamente di una sorta di intertestualità al quadrato» (p. 147) che agisce anche a livello tematico, come prova il motivo ricorrente del rapporto con gli scomparsi recuperato da Sereni e Celan. In merito alla poesia – verrebbe da dire pessimistica – di De Angelis la disamina privilegia le caratteristiche del linguaggio, in un percorso ricco di esempi che parte dalle prime raccolte. Invece la poesia di Viviani, poeta avvezzo ai mutamenti formali e agli esperimenti linguistici, è sicuramente oscura, ma attraverso modalità ben diverse da quella degli ermetici. Nel saggio successivo Moliterni documenta la presenza di una matrice dialogica nella poesia di EnricoTesta e le sue ricadute retorico-formali («‘Senza di voi, nienteʼ: Enrico Testa e la parola altrui», pp. 173−180). Per molti componimenti è però opportuno parlare di una dialogicità paradossale, fatta di dialoghi sospesi o mancati poiché il soggetto lirico appare predisposto al colloquio con un altro che però risulta assente. A conclusione un saggio sulla poesia di Andrea Inglese, arricchito con qualche annotazione sulla prosa («La poesia e la prosa di Andrea Inglese», pp. 181−192). Indicato come uno di quei poeti «che ancora scommettono sul valore conoscitivo del discorso poetico» (p. 185), lo stile di Inglese vede una netta prevalenza della coordinazione (spesso per asindeto) e soprattutto la tendenza a servirsi di lunghi elenchi con uso assiduo di enjambement.