La poesia è spesso vittima di alcuni luoghi comuni: che l'io
narrante, sbrigativamente,
coincida con l'autore è il primo. Di fatto non sono pochi i
critici che
scavano
nell'autobiografismo per tentare di individuare meglio l'opera.
Il secondo
stereotipo è
distinguere
poesia facile e poesia difficile, dando a
quest'ultima una funzione sperimentale. Il merito del lungo
saggio di Carlo Londero è proprio quello di affondare la lama su queste due convenzioni. Lo fa tramite Umberto Saba, tramite il corpus delle poesie raccolte in "Mediterranee"
(edito dallo Specchio Mondadori nel 1946) e nello specifico
esaminando la poesia più celebre del gruppo, "Ulisse". E infatti si intitola "Ulisse o dell'Amore. Lettura della poesia di
Umberto Saba
Umberto Saba" (Quodlibet,
pag. 124, euro 18) il saggio
critico che si inoltra appunto
nei versi che chiudono "Mediterranee".
Per farlo Londero si avvale
di diversi strumenti critici, filologici, stilistici e metrici. I capitoli ci aprono a diverse prospettive, anche guardando all'analisi e alle impressioni dei più
autorevoli poeti del Novecento, da Vittorio Sereni a Giovanni Giudici. Piuttosto energico
è anche il lavoro svolto dall'autore per raccogliere le varianti
testuali, tanto da ricostruire l'esatta evoluzione del componimento. A tale scopo, di non secondario valore sono i carteggi, soprattutto con Linuccia Saba, e va detto che tra annotazioni filologiche e metriche, le
confessioni di Saba alla moglie — soprattutto il suo malessere e quella vecchiaia che l'ha
raggiunto prima del previsto —
seducono il lettore per alcune
basiche verità dei contesti artistici: come la mancanza di denaro, l'essere costretti a vendere la propria penna per sopravvivere, stereotipi che però, nelle lamentazioni del grande autore triestino, acquisiscono
sempre un'aura di verità poetiche.
Sull'equivalenza arte-vita,
Londero è piuttosto lucido:
«Ugualmente non consento alla smania di biografismo che i
critici intravedono in "Ulisse".
Essi adducono che Saba vi
avrebbe inserito una propria
esperienza giovanile. Tuttavia
la letteratura non è mai schiettamente diario o confidenza,
mai biografia pura, se non filtrati per divenire e dire altro».
La letteratura non è mai puro biografismo, anche se è bene ricordare che l'esperienza
conta, se non altro per quel
co efficiente di autenticità
dell'esperienza a cui il lettore
non è indifferente. Ma conta
se, e solo se, l'esperienza individuale riesce a tradursi in collettiva. E nelrUlisse" sabiano il
centro fa perno proprio nell'esperienza universale che ci tocca tutti, l'amore, il dolore, la
morte e la vitalità stessa del
sentimento. Ma sempre tenendo ben presente, come voleva
Proust: «L'abisso che divide lo
scrittore dall'uomo di mondo,
dal momento che l'io dello
scrittore si manifesta solo nei
suoi libri».
Londero incrina quindi l'associazione tra l'Odisseo di
"Ulisse" e il Saba storico-biografico, avvalendosi anche di
rimandi illustri. D'altra parte
la figura omerica come la metafora della "navigatio" sono state sfruttate fin dalle origini della letteratura italiana, da Petrarca, Dante, fino ai classici
del N ovecento. Su questo fronte Londero ne evidenzia le
ascendenze, mettendo in luce
un lavoro di ricerca che ha ben
poco a che fare con una linearità che si vorrebbe poco sperimentale. Una ricostruzione
formale quindi, che affonda
nella tradizione: «Saba è un
poeta che ha agito a fondo sulla tradizione — scrive — fino a
rinnovarla o incrinarla sottilmente». Fino insomma a conquistare una sua originalità
nella migliore linea di quella
letteratura anti-novecentesca
che ha dato le migliori prove
del secolo. Ovvero di una sperimentazione che passa sempre
attraverso la tradizione, da
Umberto Saba a Giorgio Caproni a Sandro Penna.