Immaginiamo che
Gianni Celati, per
quanto schivo dai rituali celebrativi, sarebbe stato
contento dell'omaggio che
gli rende un gruppo di
amici. Oggi in Salahorsa
alle 18 ricorderanno lo
scrittore scomparso il 3
gennaio. Marco Belpoliti, Daniele Benati, Ermanno
Cavazzoni, Ugo Cornia, Filippo Milani, Nunzia Palmieri, Jean Talon. E la convocazione dice:
«Chi ha conosciuto e amato Gianni Celati e
suoi libri è invitato a prendere la parola». Sarà una conversazione, forse un happening,
come piaceva a lui, scrittore nomade, formatosi a Bologna, docente nel primo Dams fino
al 1987, saggista acuto, amante del teatro come rito e incantamento, appassionato di cinema, soprattutto dello slapstick, dei Fratelli
Mark, del neorealismo, di Antonioni e Fellini, regista a sua volta di alcuni film difficilmente incasellabili, festeggiato nel 2013 da
Bologna con le iniziative lunghe un anno della rassegna «La dispersione delle parole».
Tutta la sua attività disegna un artista in fuga, dalle accademie, dalla letteratura corrente, dai presente consumista e dai facili miti
delle «radici» e delle «identità» del passato.
Per comprenderlo, oggi, bisogna tornare a
leggere o a guardare le sue opere, un viaggio
altamente piacevole. Si raccolgono in non
molti «luoghi»: il Meridiano Mondadori,
pubblicalo nel 2015 a cura di Marco Belpoliti
e Nunzia Palmieri, comprendente molti suoi
romanzi; le edizioni Quodlibet, che hanno
dato alle stampe le sue opere narrative più recenti e raccolte di saggi; un cofanetto con tre
dvd con i suoi film «padani» e Passar la vita a Diol Kadd (Feltrine111) con il dvd del film
africano. Le sue traduzioni sono variamente
disperse, come pure altri saggi, come il fondamentale Finzioni occidentali ; vari libri,
pubblicati da Feltrinelli, sono in parte esauriti.
Un appassionante percorso di tutta la sua
opera lo consente un bel volumone dedicato
al suo cinema da Gabrielle Gimmelli. Scrive
il giovane studioso nell'introduzione a Un cineasta delle riserve. Gianni Celati e il cinema
(Quodlibet, pagine 464, curo 27) «Isofferente alle etichette, nel corso degli anni Celati ha oltrepassato spesso i confini della letteratura per confrontarsi con altri ambiti
espressivi, come testimoniano gli studi sempre più numerosi dedicati al suo rapporto
con le arti visive. Fra queste, accanto alla fotografia e al teatro, il cinema occupa senza
dubbio una posizione dl rilievo, non fosse altro perché Celati è stato lo scrittore italiano
che più di tutti, negli ultimi cinquant'anni,
gli ha riservato un'attenzione costante». Celati inizia a «trafficare» con il cinema nelle
pagine dei suoi romanzi. Lo slapstick e i
Marx Brothers si sentono in Comiche , Le
avventure di Guizzardi
e nei due successivi
degli anni '70. Curiosi racconti fotografici, di
quello stesso periodo, guardano insieme al
teatro e al cinema. Sono uniti in Animazioni e incantamenti
(L'ormaa editore), che
documenta il suo rapporto con l'artista e fotografo bolognese Carlo Gajani e anche il
suo interesse per un teatro fuori dal ranghi,
spesso ispirato a Giuliano Scabia. Poi verranno a Bologna, Alice disambientata , alll'università, nei fuochi tra
1976 e 1977, e la
partecipazione ad alcuni film militanti, lontani dalla controinformazione in voga. Quindi l'esperienza di sceneggiatore dì storie
che non vedranno la produzione con Alberto
Sironi (che sarà poi il regista di Montalbano). Nel periodo successivo il suo sguardo di
narratore cambia; nasce l'attenzione al «disponibile quotidiano», ai paesaggi «banali»
di Narratori delle pianure , di Verso la foce ,
opere di esplorazione delle trasformazioni e
dell'archeologia della Valle Padana. Da quello sguardo, che presta ascolto alle cose minute, evadendo dagli stereotipi della letteratura, in sintonia con le esperienze dell'amico fotografo Luigi Ghirri, nasceranno tre film.
Si creano per aggregazioni succesive, tra diversi progetti di sceneggiatura e riprese che
si concedono all'improvvisazione, come ricerca di intersezioni tra materiali diversi, documentari, teatrali, letterari, immaginativi.
Saranno il viaggio in corriera nel ferrarese
con amici di Strade provinciale delle anime
(1991), Il mondo di Ghirri
(1998), omaggio all'amico scomparso troppo presto, e Case
sparse
(2003), con la voce narrante del critico e scrittore John Berger, sui casali abbandonati e in rovina. Sono lavori a scavare sotto
la crosta del «moderno», perso nel culto dell'immagine e dell'imbellettamento. Gimmelli ritrova le radici o le riverberazioni letterarie di ogni lavoro, fino al film africano
Diol Kadd (2010) contro l'esotismo, in una
tensione tra il familiare e l'avventura mossa
sempre dallo spaesamento, con la convinzione che è meglio sentirsi persi piuttosto
che volere solo quello che ti impongono di
guardare.