Mario Schifano e Franco Angeli arrivavano ciondoloni
dall'atelier di via Ripetta e
si accomodavano ai tavolini
del caffè Rosati, insieme con gli altri
pittori, poeti e muse della cosiddetta
Scuola di piazza del Popolo degli anni
60. Oggi, Christophe Constantin e Roberta Folliero, con gli altri nove giovani di In Situ, la mattina prima di cominciare a dipingere fanno colazione
al Caffè 28, a due passi da via San Biagio Platani, a Tor Bella Monaca, dove
c'è il loro studio condiviso. E passato
più di mezzo secolo dalla Roma del
boom economico e della della pop art.
E la distanza tra i camerieri in livrea
di Rosati e il sorriso informale della
barista Maria di Tor Bella è più ampia
dei 35,3 chilometri che separano le vie
del Tridente dai casermoni della periferia. E ai margini che brulica la nouvelle vague dell'arte romana.
Nel centro storico, del resto, le botteghe artigiane hanno lasciato il posto
a paninerie, bouti que, jeanserie. E, con
i prezzi di affitto insostenibili, anche
gli artisti in erba, che l'Accademia di
belle arti di via Ripetta diploma al ritmo di un migliaio l'anno, si sono spostati oltre le Mura Aureliane, soprattutto nel quadrante orientale della
capitale. Per dividere le spese, comunque alte per autori tra i 25 e i 35 anni,
l'atelier è diventato spazio di co-working, dove stanno gomito a gomito
ai cavalletti, ai torchi o ai tavoli
del pc, come glí accadeva nelle aule dell'accademia o dell'università. Di artist run space come questi
in Italia ne esistono diversi, come
l'Armenia di Milano, l'Ultrastudio
di Pescara o il Lab 1 di Verona. Ma
Roma spicca per numero evarietà.
Lo dimostra il libro che Damiana
Leoni ha realizzato durante la bonaccia del lockdown. Vera. Roma, 8 spazi,
54 studi (Quodlibet) propone i testi
dell'autrice, di Giuseppe Armogida, di
Giulio Cederna e del governatore Nicola Zingaretti. Soprattutto, fa parlare,
grazie alle interviste di Emma Rosi, i
70 artisti che animano gli otto gruppi.
E che si propongono peraltro, insieme
con i ragazzi di Condotto 48 di Torre
Angela, nella mostra Materia Nova
allestita fino al 13 marzo alla Galleria
comunale di via Crispi.
Il volumone è dedicato a spazi indipendenti, alternativi al mercato
ma aperti al dialogo con le istituzioni
e tra loro interconnessi. «I rapporti che
ci legano sono di amicizia e di stima
reciproca, e fra tutti c'è solidarietà e
supporto» assicura Eleonora Cerri Pecorella, una degli autori delle foto del
libro, soprattutto una dei dieci che a
Post Ex, a Centocelle, lavorano neì mille metri quadri di una ex carrozzeria.
Il locale è stato preso il20luglio 2020,
«grazie al fatto che la pandemia ha
fatto crollare i prezzi degli affitti», le
fa eco Luca Grimaldi. «Il centro di Roma - aggiunge il pittore - è diventato
una specie di Dysneyland. Per artistoidi come noi i posti interessanti sono
altri.A Londra quartieri come Dalston
e Hackney, non certo Piccadilly. A Berlino Neukoe11n, quartiere dinamico,
pieno di giovani e di immigrati che ricorda Tor Pignattara, Centocelle, il
Quadraro e Pietralata».
Al Quadraro c'è dal 2012 Officina, sede operativa
del «progetto artistico indipendente
Spazio Y» - spiega Paolo Assenza, uno
dei cinque inquilini - che ricevette in
prestito un locale da una signora commossa dagli interventi estetici eseguiti dal collettivo per ricordare i 70 armi
dal rastrellamento del quartiere da
parte dei nazisti. In un ex lanificio della borgata pasoliniana di Pietralata,
invece, ci sono i cinque condomini di
Paese Fortuna. Spiega Alessandro Dandini in uno degli studi dalle grandi vetrate sul verde del fiume Aniene: «Avere uno spazio espositivo in uno studio
ti permette di attivare dialoghi con
altri artisti e altri spazi espositivi, nazionali e internazionali». Per esempio,
quelli di In situ a Tor Bella Monaca - che pagano 200 euro al mese per i 20 metri quadrati a
testa dove lavorare, ma ci
sono anche depositi per le
opere, divani per riposare
e unlab oratorio di falegnameria - hanno dedicato
l'unica grande sala dotata
di vetrate a galleria dove
esporre tutti assieme una volta l'anno.
E il mese scorso hanno però ospitato la
collettiva di giovani elvetici («Un ipotetico percorso») organizzata con diverse istituzioni svizzere.
Lontani dal centro, tranne Castro
che si trova a Trastevere e che affida le
pareti ad artisti attraverso borse di
studio o tramite affitti, gli atelier open
space ritratti nel libro Vera non sono
frutto di occupazioni, quale per esempio l'ex fabbrica sulla Prenestina che
ha dato vita al museo Maam. E i loro
non sono studi chiusi - come lo è stato
l'ex Pastificio Cerere i cui loft negli anni Ottanta erano affittati dai giovani
(oggi maestri) della cosiddetta Scuola
di San Lorenzo - ma atelier aperti alla
città attraverso mostre, incontri, scambi. Nella ex cartiera fatiscente sulla via
Salaria,poco prima del Gra, c'è Spaziomensa, l'unica realtà gratuita per gli
artisti (5) e i curatori (2) poiché compresa nel progetto Citylab971. Consta di
600 metri quadrati per lavorare. E altri
400 per le mostre di dialogo tra artisti
esterni e quelli di casa, per esempio lo
scorso maggio i video site specific di
SoniaAndresano e i dipinti di Sebastiano Bottaro.
Se per una serie di ostacoli non solo
fisici, ma culturali,pergli abitanti della borgata Fidene «è difficile raggiungerci e per noi coinvolgerli», ammette
Gaia Bobò di Spaziomensa, più facile
è per il popolo di San Lorenzo entrare
negli atelier di Ombrelloni e di Numero cromatico. In via dei Lucani 18 ci
sono gli studi affacciati sul cortile della vecchia azienda di arredi da giardino dove ora operano, ciascuno per
conto suo, in sette. A un passo dal cimitero del Verano è invece acquartierato l'unico gruppo che si comporta da
vero collettivo: Numero cromatico.
Nata nel 2011, la formazione dal gennaio del 2021 è al lavoro nei cento metri quadrati dell'ex officina di un tornitore di via Tiburtina 213. Ragazze e
ragazzi di questa realtà interessata
alla relazione tra arte e neuroscienze
sono impegnati attualmente con due
progetti di intelligenza artificiale:
"P.O.E.", generatore di epitaffi in inglese; e "I.L.Y.", che sforna poesie d'amore
in italiano. Nel
mondo rovesciato e rinvigorito dell'arte di Numero
cromatico, è
un algoritmo a
verseggiare. E
sono gli artisti
a realizzare i suoi desiderata Sono nati così arazzi e composizioni floreali che —i primi proposti adesso
nell'ex laboratorio di un marmista
trasformato in galleria del gruppo; e i
secondi esposti fino all'8 maggio al
museo Maxxi, sempre a Roma—vengono realizzati nello studio dove i dieci
autori discutono, intrecciano lilium e
filano di comune accordo. «Siamo stati per alcuni anni all'ex Pastificio Cerere nello studio dove lavorava Giuseppe Gallo, ma era troppo caro», racconta il portavoce, Dionigi Mattia
Gagliardi: «Ora versiamo 2000 euro al
mese, una spesa che talvolta riusciamo
a sostenere con i bandi pubblici che
vinciamo». L'ultima loro fatica è il numero di Nodes, journal of art and neuroscience. Prodotto in 500 copie numerate, il semestrale è su carta verdina.
«Perché usiamo ogni volta uno scarto
diverso, stavolta le bucce dei kiwi».
Ecco, l'avanguardia dell'arte romana
è indipendente, no profit e anche
eco-sostenibile.