Nuvole sul grattacielo.
Saggio sull'apocalisse estetica di Giuseppe
Frazzetto, pubblicato da Quodlibet
Studio e uscito in questi giorni, è un
libro intanto tempestivo. Va infatti
direttamente incontro alle necessità
di comprensione di un aspetto fondamentale del nostro tempo, il rapporto
dell'uomo con le nuove possibilità
delle tecnologie digitali di generare e
manipolare immagini, nella condizione di quella che Frazzetto chiama
la "mobilitazione della vita", in cui il
«Collettivo (...) impone a ogni Singolo
di rendersi disponibile a un costante
mutamento».
Il sottotitolo "apocalittico" rappresenta la 'novissima' ("postcontemporanea", nella definizione di Frazzetto)
condizione della gigantesca e confusa
immersione dell'uomo d'oggi nelle
immagini: apocalisse come compimento di un ciclo epocale, e dunque di
attesa che un senso si manifesti ("eschaton"); ma apocalisse rinviata
("katéchon"): altro (altre immagini,
altre identificazioni dell'uomo in altre immagini) si aggiunge, a spostare,
seppure precariamente, il compimento: "fine già qui, fine ritardata".
Nelle analisi di Frazzetto l'eterna
"cerimonia del me/mondo" con cui,
nel variare delle epoche e delle modalità, l'uomo si rassicurava comunque
della sua posizione, oggi è resa difficile da una "crisi della presenza" che ha
ormai esteso la passività dell'uomo
alle scelte della vita quotidiana, crisi
richiamata da Frazzetto in un breve e
suggestivo revival delle ricerche di
Ernesto De Martino, e, con esse, sullo
sfondo di un richiamo ai riti dell'antica Roma. Da qui le focalizzazioni di
Frazzetto, oggetto di specifici capitoli, su alcune diffuse posizioni dell'uomo d'oggi verso le immagini, e sulle
"narrazioni" in cui esse sono centrali.
Domina l'idea di una esplosione di
immagini scioccanti, in cui l'uomo
compie solo per frangenti e mutamenti continui ed effimeri l'avventura del riconoscersi in elementi del
mondo.
Nuvole sul grattacielo grazie a un
rinnovamento delle analisi perviene
pure a un rinnovamento teorico (è in
realtà un insieme teorico). Di più, il libro assume uno spessore di scrittura,
se vogliamo letterario, e non solo per
le evidenti qualità retoriche e, ovviamente, i loro effetti di significato: le
attraenti metaforizzazioni che danno
titolo ai concetti, per esempio ("cerimonia del me/mondo", "vita-mashup", "tragicommedia di Narciso",
"attitudine sciamanoide"); l'elegante
uso del tempo verbale del futuro, ma
con valore di presente, per esempio
("Si noterà come il secondo atteggiamento...").
Ad 'assegnare' all'arte letteraria il
libro di Frazzetto sono soprattutto le
"modalità" (segni del rapporto del
narratore col narrato) atipiche in cui
l'approccio epistemico prende diffusamente corpo, quale una `ironia' sotterranea resa dall'approssimarsi relativizzante e interminabile seppure
esteriormente concluso all'oggetto.
Da cui quella "neutralità, o "alterità"
di metodo, teorizzata e invocata da
Maurice Blanchot, che non è equidistanza tra due posizioni opposte, ma
dislocamento che le esclude e comprende allo stesso tempo e che nel libro di Frazzetto prende forma di spostamento abilissimo tra immersione
mimetica nell'oggetto e 'dispersione'
nella teoria e nella narrazione di tale
mimesi.
Alterità sostenuta, del resto, dallo
sviluppo `musicale' dell'insieme
(pensiamo al passato di musicista dell'autore): temi, riprese e variazioni,
mutamenti di tono, incisi imprevisti,
grande dispiegamento di saperi (circa
duecento riferimenti ad autori) ma
`uso' di volta in volta limitato, tutto
come in una sinfonia di Mahler dove
il gigantismo orchestrale si risolve di
volta in volta in una limitata concentrazione di strumenti.
Per questi valori e qualità Nuvole
sul grattacielo può essere considerato punto culminante di quell"`infinito intrattenimento" (i segmenti concretizzati rinviano alla a-temporalità
del progetto) che inizia almeno da
Molte vite in multiversi. Nuovi media e arte quotidiana (Mimesis,
2010), e prosegue con Epico caotico.
Videogiochi e altre mitologie tecnologiche (Lupetti, 2014) e Artista sovrano. L'arte contemporanea come
festa e mobilitazione (Lupetti, 2017).
Infinito, appunto, l"'intrattenimento", perché come per ogni grande opera questa di Frazzetto, per dirla ancora con Blanchot, "scrivere è consegnarsi all'interminabile".
Così Nuvole sul grattacielo si
chiude con aperture e rinvii, replicando un "Quanta malinconia!" che un po'
è segno di un intimo essere dell'autore
già oltre il libro (di cui si avverte appunto la malinconia), un po' non può
non richiamare il "Cuanta pasiòn"
paolocontiano. E di passione qui ce n'è
fino a un che di autobiografico e a un
valore di testimonianza, come ha ben
visto Monica Ferrando nella sua bella
prefazione. La scrittura deve continuare, poiché `prima' e `dopo' non
hanno avuto obbligo di linearità (né
logica né narrativa), il paradigma della complessità ha spinto la sintassi
verso altro (l'Altro?), dun que verso sovrapposizioni, accavallamenti, avvolgimenti continui, ines auribili: la scrittura non può interrompersi e non si è
interrotta.