Recensioni / I supplizi pagani e la morte di Cristo. Non tutte le crocifissioni salvano il mondo

La crocifissione di Cristo è un fatto originale? fu preceduta da altri supplizi delle stesso genere inflitti in ambienti pagani, romani, ebraici? che cosa e chi fa pensare all'esistenza di presunte "prove generali"? e, posto che il parallelismo regga, qual è la differenza tra il sacrificio di Cristo e quelli dei suoi eventuali predecessori? Sono queste alcune delle ipotesi esplorate dall'antropologo del secolo scorso James George Frazer e dallo studioso Edgar Wind, commentate da Andrea Damascelli, in La crocifissione di Cristo (Macerata, Quodlibet pagine 254 Euro 16,00). Ipotesi, lo anticipiamo subito, che non arrivano ad alcuna conclusione certa. Frazer per altro ha escluso il suo testo in materia dall'edizione più nota del suo famoso libro sulle religioni Il ramo d'oro. Quanto alla congettura indagata da Wind, resta sospesa, nonostante gli sforzi del suo commentatore di sviscerarne le fonti.
    Positivista ed erudito, Frazer (1854-1949) non era certo un ateo come lo pensiamo oggi. Ognuno può constatare come le sue pagine sul dramma storico della morte imposta a Gesù quale re dei Giudei (104-105) non siano quelle di un indifferente, neanche al potere di una rivelazione. Ciononostante Frazer era stato affascinato dal ripetersi rituale nelle feste dei Saturnali romani delle uccisioni di finti re o di re nominati per l'occasione. Uccisioni vere o in effigie, presenti anche nei carnevali, le feste che una diversa collocazione di date nei calendari antichi faceva sì che il termine dell'anno e il suo inizio erano posti allora a fine febbrario - inizio marzo, epoca della semina e del ritorno alla vita della vegetazione. In questa vorticosa e prorompente stagione dell'anno la sensibilità arcaica - predisposta a riconoscere in una potenza superiore la capacità neutra rispetto al bene e al male di pilotare l'esito dei grandi cambiamenti non solo naturali - aveva affollato un calendario fitto di riti, di magie, di superstizioni e di cerimonie spesso sanguinarie, sfociate in episodi della storia e della cronaca. È il caso, raccontato da Frazer, del soldato romano Dasio che a Durostorum, nella bassa Mesia, era stato decapitato per essersi rifiutato di assumere la parte del dio pagano nei Saturnali di quell'anno. È il caso, riportato in ambiente biblico nel libro di Ester, in cui la liberazione degli ebrei dal pericolo di venire sterminati aveva dato vita a una festa nazionale ebraica in cui si celebrava il supplizio di Aman, lo smascherato governatore di Susa colpevole della persecuzione fallita ma celebrata nella festa detta di Purim, sacra rappresentazione annuale nel corso di una delle quali Frazer ha ipotizzato che Gesù potesse essere stato crocifisso. L'ipotesi sarebbe rimasta circoscritta ai fantasmi di Frazer se Wind non si fosse accorto che la vicenda di Aman era stata ripresa da Michelangelo e rappresentata in un angolo della Cappella Sistina. Un particolare, questo, non da poco, se non altro in quanto capace di rinfocolare il desiderio di scoprire altre ragioni degli accostamenti a Cristo di Purim, e soprattutto del suo principale protagonista Aman. Non solo, perché se è vero che un particolare attira l'altro, l'attenzione dimostrata da Wind infiamma tutta la materia in cui ribolliscono le ipotesi sui finti re, sui re criminali per un giorno o per una festa, sui re vittime in sostituzione di un altro colpevole, figure che infestano l'antichità arrivando ai nostri giorni attraverso il folklore e i carnevali, momenti in cui i falsi redentori venivano derisi, mentre oggi li vediamo esaltare le folle degli stadi o delle televisioni. Ad accorgersi dello spazio ingombrante preso dal personaggio Aman nel venire accostato a Cristo e dell'etnocentrismo limitativo della festa di Purim, sarà lo stesso Wind che, risalendo alle pagine di Deuteronomio e della lettera di Paolo ai Galati in cui si parla del "maledetto appeso al legno", si chiede se il richiamo di Paolo (e quindi di Michelangelo, suo lettore) a questi episodi non sia stato ispirato dal suo bisogno di dare ai primi cristiani un'identità distinta da quella imposta dalla legge e dall'ebraismo. Fatto sta che l'interrogativo posto da Frazer rimane senza risposta. Né può esserlo l'idea che i re di carnevale rappresentano una critica del potere e un modo di mostrarne il volto grottesco come ha proposto qualcuno. La risposta la può dare una linea di pensiero che ispirandosi a Girard ammette che in ogni crocifissione, in ogni supplizio c'è la rappresentazione del tentativo di un ritorno all'ordine sconvolto, rappresentazione che può manifestarsi in forma di parodia. Ma di quale ordine si parla? C'è quello pagano o neo pagano che traduce il punto di vista del persecutore e c'è quello secondo il punto di vista dell'innocenza. Il primo è l'ordine che fonda una cultura di morte, il secondo quello che fonda una cultura della vita. Ed è chiaro che le crocifissioni pagane e neo pagane sono del primo tipo, mentre quella di Cristo e i supplizi accettati in nome suo, sono del secondo tipo. Detto in altre parole, le crocifissioni pagane hanno la loro radice nel meccanismo dionisiaco del capro espiatorio, quella di Cristo ha la sua nella rivelazione e nella denuncia. Ciò che fa la differenza è l'interpretazione dello stesso fatto, interpretazione che legittima un accostamento prudente.