Quello di riscrittura è tra i più scivolosi e
al contempo tra i più fecondi concetti impiegati nello studio della letteratura. in questo libro, irene Fantappiè lo affronta a partire da
un caso, quello di Franco Fortini, che le permette non solo di sondarlo nel suo ampio
spettro ma di estenderne i confini fino a includervi la tipologia della “riscrittura di autorialità”. secondo questa nuova proposta teorica,
è possibile esaminare produttivamente «l’atto
e il prodotto dell’atto – compiuto dall’autore
e/o operato dal contesto – di riprendere e
adattare un’autorialità esistente per formarne
una propria» (p. 62). Come chiarito nell’introduzione, i presupposti metodologici di
questa tesi sono da ricercarsi da un lato nell’idea che prendere in considerazione la letteratura tradotta – o più in generale riscritta – sia
fondamentale per capire le dinamiche che regolano il funzionamento dei sistemi letterari,
e dall’altro nella constatazione che si possa
parlare di “autore” per riferirsi non soltanto a
una persona in carne e ossa psicologicamente
e storicamente determinata quanto piuttosto
all’immagine globale risultante da una serie di
processi discorsivi collettivi. si tratta di approcci ai problemi della traduzione e dell’autorialità piuttosto recenti ma già largamente
condivisi (si veda l’ampia bibliografia richiamata da F.) che qui vengono originalmente
posti in una proficua interazione, a sostenere
che «come i testi, le autorialità circolano, a livello nazionale e trans-nazionale; sussistono
in rapporto dialogico le une con le altre, e,
lungi dall’essere prodotti “originali”, rivelano
la loro natura derivativa, di creazioni au second dégré» (p. 11).
Dopo queste precisazioni, il saggio di si
biforca in due parti, retoricamente indipendenti ma in realtà propedeutiche l’una all’altra, come segnalato dall’autrice. La prima è
costituita da un’utile panoramica ragionata
sulle teorie della riscrittura (da Genette a Lachmann, passando per hutcheon, evenZohar, Lefevere, hermans e molti altri) ordinata lungo tre assi definiti in termini di polarità fra testo e processo, fra trasformazione
seria e satirico-parodica, fra spazi di memoria
e vuoti. Gli esempi concreti di riscrittura chiamati a illustrare le diverse teorie, tratti dalle
più svariate epoche e letterature, rendono
conto dell’eterogeneità del fenomeno, portando a riflettere sul profondo legame che
sussiste tra pratiche apparentemente diverse,
come, ad esempio, la citazione e l’editing.
La seconda e più corposa sezione è specificamente dedicata a Fortini e si articola a sua
volta in quattro capitoli. il punto di partenza
è una disamina delle basi teoriche su cui il
poeta costruisce la propria idea di traduzione.
in particolare, F. discute le posizioni di Fortini quali emergono nel carteggio inedito con
Gianfranco Folena, individuando un punto
nevralgico nell’importanza conferita da entrambi alla prospettiva storica, vale a dire al
rapporto che ogni traduzione, volgarizzamento, rifacimento intrattiene non solo col singolo testo di partenza ma con la tradizione che
lo precede nella sua interezza. i capitoli successivi contengono invece una serrata analisi
delle riscritture poetiche fortiniane, dalle traduzioni raccolte nell’antologia Il ladro di ciliege alle pseudotraduzioni. passando al setaccio
versioni da poeti introdotti quasi per la prima
volta nel sistema letterario italiano (enzensberger e Kraus) da autori con una lunga tradizione alle spalle anche nel contesto d’arrivo
(heine, Baudelaire e rilke) e da originali fittizi (cinesi, polacchi e persino italiani), F. segue i tentativi da parte di Fortini di costruire
riadattandola da Brecht una determinata postura, quella di “poeta morale del socialismo”,
marcando le proprie traduzioni in accordo con essa, e però anche di eluderla, di spostarla, di metterla alla prova, di sfuggirne la rigidità. La rassegna si concentra sui modi in cui
Fortini applica ai testi «la “griglia prospettica”
che usa per osservare il reale» (p. 95) in termini di interventi sulla loro struttura sintatticoritmica e sulla tradizione storico-critica che li
accompagna. assai significativo è il lavoro su
heine: la scansione metrica dissonante della
versione di Fortini di Wenn ich an deinem
Hause è mutuata da Brecht e si discosta sì dall’originale, ma soprattutto dal retaggio dell’interpretazione carducciana del poeta tedesco;
ripercorrendo la lunga fortuna di heine in italia, F. mostra come parlando di un autore straniero Fortini intenda prendere posizione rispetto alla tradizione italiana, collocandosi,
per così dire, dalla parte di Noventa interprete di heine piuttosto che da quella di Carducci, ovvero contro una poesia in cui «le parole
smettono di rimandare alle cose, diventano
vuote» (p. 111) e a favore di un «“valore” delle parole che è al contempo semantico e civile» (p. 112). L’identità autoriale sapientemente costruita da Fortini, e ricostruita da F., passando per le versioni del Ladro di ciliege viene
decostruita attraverso le traduzioni immaginarie, esercizio a un tempo ludico e serio che
vede l’autore svestire i propri panni per indossarne altri «producendo un gioco di maschere autoriali che si “verificano” reciprocamente all’infinito» (p. 134): come quando Fortini finge di tradurre Mallarmé ma allude in
realtà a Montale, ovvero “imita” due poeti distanti dalla visione della letteratura e del mondo da lui stesso portata avanti.
Questo libro sarà senz’altro una lettura interessante per gli specialisti di poesia italiana
del Novecento, i quali vi troveranno una ricognizione documentata di un aspetto tutt’altro che marginale in Fortini, su cui peraltro
poggia un’interpretazione complessiva della
sua figura. potenzialmente, però, si rivolge alla platea assai più ampia di quanti si occupano di processi letterari complessi. Ciò che se
ne ricava, infatti, è che i dati pertinenti alla costruzione dei profili degli autori siano da cercare non tanto o non solo, ad esempio, nelle
loro apparizioni pubbliche, ma che li si possa
indagare a partire dai testi, nella misura in cui
questi sono sempre (ri)scritti in dialogo con
altri testi e con una tradizione dinamica costituita anche di posture autoriali.