Per secoli, anzi per millenni, l’uomo è riuscito a sopravvivere anche negli ambienti più impervi grazie a un’architettura ecologica ante litteram, realizzata in profonda connessione con l’ambiente, capace di sfruttarne le possibilità e aggirarne i limiti senza mai smettere di rispettare la natura in cui si trovava immersa. Riscoprire le soluzioni più audaci e interessanti messe in atto nell’antichità può essere quindi la chiave per elaborare una nuova forma di costruire e di abitare, che regga le sfide sempre più complesse del presente, dalla crisi climatica al sovrappopolamento. È questa l’idea da cui parte Il futuro è un viaggio nel passato (Quodlibet), breve e interessante saggio in cui l’architetto Mario Cucinella raccoglie dieci affascinanti storie di architettura provenienti da tutto il mondo. Come le case del ghiaccio nel deserto dell’Iran, o l’antica Persia di cui parla già Marco Polo nel Milione: qui, infatti, al mitico viaggiatore veneziano venne offerto un faloodeh, una specie di granita con frutta secca, sciroppo e noodle di riso. Com’è possibile che nel 1270 esistesse un prodotto simile al gelato in mezzo al deserto? Grazie, appunto, alle yakhchal, le case del ghiaccio che ancora oggi sopravvivono sull’altopiano iraniano: costruzioni dalla forma piramidale in grado di produrre (e, ancora più importante, di conservare) il ghiaccio formatisi nel corso della notte dal congelamento dell’acqua, reso possibile dal forte sbalzo termico e dall’abbassamento delle temperature. Un esempio di architettura bioclimatica che non consumando nessun tipo di energia può essere d’ispirazione per gli edifici moderni.
Un discorso analogo si può fare per la più recente Villa di Costozza, vicino Vicenza, rinfrescata da un sistema di ventilazione ingegnoso – come racconta nelle sue memorie Galileo Galilei, che vi soggiornò. Qui, grazie a condotti interrati chiamati ventidotti, l’aria fresca che si trovava nel sistema di grotte del Monte Bromisio veniva incanalata e trasportata nelle ville: così gli appartamenti al piano terra potevano godere di una vera e propria aria condizionata, regolabile tramite delle griglie da tenere aperte o chiuse. Il sistema funzionava fin troppo bene e Galileo racconta di aver sofferto di artrite dopo essersi assopito sopra a una delle antiche ventole di aerazione. Costruire in armonia con l’ambiente era, un tempo, una necessità; oggi può diventare una risorsa. Un altro esempio? La notissima qasbah di Ait Ben Haddou, un vero e proprio ksar – cioè un villaggio fortificato – nel cuore del Marocco. I suoi muri spessi in pietra cruda sono in grado di trattenere il calore e l’umidità durante il giorno e rilasciarli nel corso della notte, che qui può essere anche molto fredda, fino a toccare in inverno gli 0°. Questi muri sono eretti con materiali semplicissimi: paglia, sassi e fango rosso, elementi economici e facilmente degradabili: la pietra cruda può quindi rappresentare anche oggi una risorsa per uno sviluppo edilizio sostenibile.
In India, recuperare l’antica tradizione degli stepwell – i monumentali pozzi a gradini che si sviluppano in diversi livelli sotterranei – potrebbe essere una risposta alla crisi idrica che ciclicamente investe il paese. Sfruttare il sottosuolo infatti risolverebbe anche i problemi di sovrappopolamento o di vivibilità in aree climaticamente complesse. Come accade già, per esempio, a Montreal, dove il complesso del Réso si estende sotto la città con uffici, locali e centri commerciali: un vero e proprio mondo sotterraneo utile per sfuggire alle rigidità invernali, che a quelle latitudini toccano temperature anche inferiori ai –10° (almeno per ora…). Del resto le città ipogee sono una soluzione a cui l’essere umano ha ricorso da sempre, dai nostrani Sassi di Matera fino a Derinkuyu in Cappadocia, un insediamento scavato nelle viscere della terra per oltre ottanta metri di profondità: uno strategico rifugio contro gli invasori già da Senofonte nelle sue Anabasi.
In questo agile volume Cucinella raccoglie così un esteso set di tecniche costruttive ancestrali che faremmo bene a tenere a mente, tanto più in seguito agli effetti che la pandemia ha impresso sul nostro stile di vita, spingendoci a mettere in discussione, tra le altre cose, anche il modo in cui viviamo i nostri spazi privati e pubblici. Ripartire dalla fantasia e dalla grande capacità di adattamento e sopravvivenza dei nostri antenati ci può fornire strumenti intelligenti per costruire e vivere in maggior sintonia coi nostri ecosistemi, recuperando un rapporto più sano con gli habitat che ci ospitano.