Recensioni / Scataglini esce dall’oblio: ecco tutte le poesie

La primavera porterà, tra i suoi fiori, un libro atteso da decenni. II 30 marzo, infatti, uscirà in libreria «Tutte le poesie», opera omnia del poeta anconetano Franco Scataglini (1930-1994). A pubblicarla sarà la casa editrice Quodlibet, nella collana Ardilut diretta dal grande filosofo Giorgio Agamben. La cura dell'opera e l'introduzione si devono a Paolo Canettieri, docente di Filologia romanza all'Università «La Sapienza» di Roma. La prefazione è firmata dall'insigne linguista Pier Vincenzo Mengaldo. Se a dedicarsi alla sua opera sono stati tre luminari tanto illustri, perché Scataglini è un poeta sconosciuto ai più? A causa dell'assenza delle sue opere poetiche dalle librerie. La sua fama, infatti, giunta all'apice tra la fine degli anni Ottanta e i primi Novanta del secolo scorso, in questo nostro ventunesimo non si è potuta diffondere oltre la cerchia degli addetti ai lavori. Nonostante i suoi ultimi due libri, «La rosa» (1992) e il postumo «El Sol» (1995), siano stati pubblicati rispettivamente da Einaudi e Mondadori, non sono stati più ristampati. Pertanto, una volta esauriti, sono usciti dal mercato, insieme ai precedenti.
È questo il motivo per cui gli amanti della sua poesia attendevano con tanto spasimo la pubblicazione dell'opera omnia. Finora, l'unica speranza di procurarsi un libro di Scataglini era trovarlo, per caso, in una libreria antiquaria. Ed è la scoperta gioiosa che mi ha raccontato di aver fatto Gian Mario Villalta, uno dei più grandi poeti italiani viventi, quando, due anni fa, è venuto ospite al nostro festival di poesia La Punta della Lingua. Nella libreria antiquaria di Sonnino, Villalta trovò una copia di «Rimario agontano», un'antologia delle poesie di Scataglini che, pubblicata da Scheiwiller nel 1987, iniziò a imporlo all'attenzione nazionale. Stiamo parlando di un vero e proprio culto, come quello che è destinato soltanto agli autori di capolavori, secondo Ezra Pound: «Lo studio della letteratura è 'culto degli eroi', è un raffinamento, o anche, se volete, una perversione di quella religione primordiale», scriveva il poeta statunitense, nella prefazione allo «Spirito romanzo», opera fondamentale per la formazione di Scataglini.
Viviamo tuttavia in una società secolarizzata e democratica, che non ha bisogno di elitari culti eroici, quindi sarà bene chiarire perché l'opera di Scataglini è così importante da meritare tanta attenzione. «Perché l'arte del poeta è sempre una rinunzia», direbbe Giovanni Pascoli, altro poeta amatissimo. E Scataglini rinunciò addirittura all'italiano, impiegato nel suo primo libro, «Echi», pubblicato, appena ventenne, nel 1950. Poi, perla delusione del risultato, l'italiano fu abbandonato.
Ora, per un poeta, che non abita un paese ma abita la lingua, rinunciare all'italiano equivale a smarrirsi. In effetti, per trovare la sua voce Scataglini impiegò più di vent'anni. Grazie alla lettura dei poeti del Duecento, egli capì infine che il suo imperfetto dialetto in realtà equivaleva a uno dei volgari della poesia delle origini, perciò, raffinandolo, avrebbe potuto farsi «miglior fabbro del parlar materno», come fu per Dante il poeta provenzale Arnaut Daniel. E così è stato.