La fama di Gilles Clémant dovrebbe bastare a garanzia di una pianta, velenosa,
(una delle tante "vagabonde" da lui domate) di cui parlare è bello. Il panace di
Mantegazza (Heracleum mantegazzianum), originario del Caucaso, «con il suo profumo d'angelica, coi
suoi steli dritti nel prato, con le sue infiorescenze
piatte, grandi come piatti da banchetto e coperta
d'insetti. Chi non ha mai visto la panace si priva di
uno spettacolo d'infanzia: inquietudine e attrazione».
Lo scrive Clément nel libro Ho costruito una casa
da giardiniere che Quodlibet ha fatto riuscire a febbraio con la traduzione di Giuseppe Lucchesini dopo
una prima pubblicazione nel 2014 (pp. 160. euro
16,00). Una storia vera, autobiografica, iniziata nel
1976 davanti a 41 mappe della Francia del sud, con
i suoi villaggi e le strade di campagna, per concludersi un anno più
tardi, dopo avere girovagato ovunque, nella Vallée, la valle delle farfalle, dove un prato, un acero campestre, un torrentello, tanta valeriana, carpini, meli selvatici, castagni
dorati e altre delizie faranno da
cornice alla sua nuova dimora.
Clément lavora sul poasaggio,
come sa fare solo lui: lascia la vegetazione naturale, ma aggiunge
anche, per esempio, l'albero del
caramello o katsura, l'albero delle
parrucche; o le gunnere del Cile
lungo il torrente, e le stipe, le festuche, le romneye e i rododendri.
Semina di proposito il panace, arrivato in Europa alla
fine dell'Ottocento, ottenendo un grandissimo successo, finché non si scoprirà che la sua linfa provoca
irritazione alla pelle, se toccata a mani nude, e agli
occhi. Non solo: vigorosissima si auto-semina danneggiando coltivazioni di valore alimentare.
Sconsigliata, monitorata dalla Forestale, osservata nelle
zone naturali italiane perché non sconfini, ha un
raggio di propagazione di 50-100 metri, non oltre;
non è una tigre, né un lupo, né una vipera. Clément
gli ha dato ospitalità, con risultati che meritano.