Recensioni / Dalla Via Emilia a San Pietroburgo – Tiziano Bisi

Luci dei miei occhi, sapori del mio palato, musica delle mie orecchie,

ascoltatemi, se vi piace, mentre disvelo una verità che vi viene tenuta celata dai POTERI FORTI!!! Dal COMPLOTTO FORTE!!! Dai BIG EDITORS e da quei teppisti inveterati che sono i critici letterari, per non parlare poi di quel malfamato sottosottoproletariato, già inquadrato bene dal vecchio Karl, che sono i cosiddetti bookblogger sottolacchè dei padroni capitalisti, e poi i moderatori di presentazioni letterarie con le domande concordate e gli occhiali con la montatura di corno, quelli che fanno da spalla agli autori che presentano il loro ultimo libretto che pure i tipografi si sono annoiati a stamparlo, e poi questo e poi quello, non si finirebbe mai a voler citare tutti i personaggi del circo letterario… ascoltate!

Dalla Via Emilia a San Pietroburgo vincerà a mani basse il Premio Strega 2022!

Non c’è gara, non c’è storia, vince 100 a 0 contro chiunque e tanti saluti, si brindi e si balli e si faccia finta di essere felici.

Questa è la verità che vi tengono nascosta. Ricordate queste mie parole quando mi azzittiranno, mi faranno scomparire, mi cancelcultureranno!

Si chiama Tiziano Bisi da Bologna pubblicato da Quodlibet – Zoroastro conservi in salute più che può quelli di Quodlibet siano benedetti e ringraziati sempre – lui vince il Premio Strega 2022 per meriti letterari inequivocabilmente superiori a chiunque altro o altra o altri in gara, per la rancorosità della storia, la ruvidità di scrittura, perché ci fa e ci è e fa bene entrambi, per essere devoto al senso tragico, per le balle iperboliche che racconta, per il grottesco della vita di chiunque, soprattutto dei turisti italiani, perché siamo tutti fottuti fin dall’inizio e a Murmansk dovremmo andarci sul serio e rimanerci a guardare i sassi e le onde finché non ci saremo chiariti le idee sulla morte e la sofferenza, perché non si guarda indietro ma anche si guarda continuamente indietro, perché ha ragione a dimenticarsi i nomi delle persone, soprattutto i nomi delle sue donne, perché è vero quello che dice sull’eternare la sensazione di non essere, di sospensione, di limbo, che poche cose possono regalare come il trascorrere la notte su di un pullman saturo di odori fetidi nel mezzo di uno dei tanti nulla del mondo.

Ha vinto lui, se si deve perdere tempo, lo si perda in sollazzi, non in inutili competizioni letterarie quando c’è un campione in gara.

E badate bene, ve lo dico io che desidererei moltissimo essere a Villa Giulia la sera della proclamazione. Non immaginate quanto mi piacerebbe essere là nel ninfeo circondato da quella bellezza inesplicabile dei sorrisi levantini e degli amanti impetrati. Proprio io che mai più dopo Flaiano ho voluto leggere non dico un libro vincitore, ma nemmeno un libro selezionato, perfino citato a casaccio per la gara letteraria dello Strega e pure Flaiano lo lessi ignaro del premio, ma in quel caso, forse, lo avrei letto ugualmente. Ma mai più dopo! Per scelta esplicita irremovibile. Eppure quanto vorrei essere in quella sera torrida d’estate, nel calore afoso romano, tra i nugoli di zanzare, i profumi agrumati, floreali e ambrati vaporizzati sui colli delicati, sui seni morbidamente sussultanti, sui polsi traslucidi da zingare, tra quelle donne meravigliosamente impudiche nello scoprire chi seni, chi culi, chi gambe, chi pance, quasi tutte le spalle, e non importa se ventenni o sessantenni, gli effluvi del ninfeo a tutte donano la grazia del pullman notturno di Bisi, eternata in quella sospensione del tempo e del gusto che è la serata finale del Premio Strega.
Quanto vorrei esserci e assistere al trionfo di Dalla Via Emilia a San Pietroburgo, abbracciarmi con tutte le creature meravigliose là attorno, grondante sudore e felicità, ubriaco di effluvi corporali, poggiando le mani sui veli di seta e le epidermidi scoperte e ricevendo in cambio calore che si sommerebbe al già insopportabile calore dell’ambiente, e allora, ne sarei sicuro, si creerebbe il momento perfetto da eternare, la sospensione del non essere, del non essere stato, del non dover diventare, là nel ninfeo, nel fragore da ritrovo di gallinacei, negli umori mescolati a profumi, nella sera soffocante di afa, nell’ipocrisia riversata in scrittura e in lettura, nella messinscena del gioco sessuale distribuito come calici di spumante del discount, nella stanchezza che non si preoccupa più di coprire o raddrizzare, e nella certezza dolce di poter sbiadire nello sfondo senza il peso della colpa.

«Vero è che non sia tutto da buttare nel cesso, e che si manifestò persino qualcosa di positivo, io non lo nego, su questo terribile pianeta, cosiddetto, Terra. Un qualche cosa di positivo come Charles Baudelaire, come Werner Herzog, come On the road, come Bartleby, the Scrivener, come l’Impresa di Fiume di Gabriele D’Annunzio, come le Camel senza filtro, come Chet Baker, come Cliff Burton, il bassista dei Metallica, come The Black Album dei Metallica, come il vino rosso, come le ragazze russe, come il treno notturno Venezia-Budapest delle ore 21:30, come le ragazze ungheresi, come gli angeli custodi, come la palestra Sempre Avanti di via Stalingrado 12 a Bologna, come il cineclub Lumière di via Pietralata 55 a Bologna, come il bar Fidel al numero 9 della Dumskaja ulica a San Pietroburgo, come il Radio Baby al numero 7 della Kazanskaja ulica di San Pietroburgo, come il torneo di Wimbledon, come i bagni termali Széchenyi al numero 9 della Állatkerti krt. di Budapest, come i Golden Retriever, et cetera, et cetera».

Permettetemi solo di aggiungere alcune voci, poche, all’elenco di Bisi.

… come fu la Libreria delle Moline di via delle Moline a Bologna e Gregorio il suo libraio, come August Sander, come Santa Mária, come la Via Lattea, come il Cimitero delle Orfanelle, il Passo della Futa, le persone gentili con chi puzza, il Daiquiri frozen e basta così.

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