Recensioni / Mattone dopo mattone, Matera resta in bilico...

…lungo il crinale della forma e delle funzioni della città. E basta guardare l’allungamento da “dilavamento” edilizio che ormai ha superato le vecchie zone di 167 della Prima Repubblica, con una corsa non sempre regolare a occupare l’ultimo spazio da edificare. Si sono susseguite varianti (una costante dei Piani regolatori) fino all’ultimo regolamento urbanistico che ha messo dei paletti, fornito indicazioni,anche interrogativi, in una città dove il consumo di suolo avanza nonostante il numero di abitanti sia fermo o quasi. Contraddizioni che l’architetto Mariavaleria Mininni ha evidenziato con acume e pazienza nell’ultimo lavoro , ”Osservare Matera cultura, cittadinanza e spazio” edito da Quodlibet (non ci risulta sia stato presentato), che invita a non poche riflessioni su ”qualità”, ”quantità” e ”programmazione” del costruito. Vecchia storia che ci ricorda il compianto senatore Emanuele Cardinale ( Pci), che in un consiglio comunale degli anni Ottanta aveva sollevato la questione del rapporto tra identità urbana, consumo di suolo e quell’ effetto ”Potenza” sui fronti urbani per tipologie di edilizia residenziale e sociale di vario tipo, finendo con il dichiarare che l’ultimo spazio da occupare era piazza Duomo… Quella piazza della Civita è ancora lì, nonostante le problematiche della Ztl, ma il resto della città è stato urbanizzato a dismisura senza pensare ai servizi, al costo, e alla mobilità finora”insostenibile”. Altro che città smart, come risuona nei discorsi, post e slogan di quanti sono abituati a vivere nella dimensione social e a perdere ogni contatto con la realtà. Servirebbe, a quanti gestiscono la cosa pubblica e progettano investimenti immobiliari purchessia, una visita guidata sul campo tra centro, periferie e contrade – con mappe e stradario alla mano- per vedere come la città abbia superato da tempo quel punto di non ritorno che ne ha ”forzato” o devastato forma, funzioni e identità. Michele Morelli, che i ” Mutamenti a Mezzogiorno” di Matera li ha sempre sollevati, denunciati e maldigeriti… ci offre più di una traccia commentando il libro dell’architetto Mariavaleria Mininni. Ma attendiamo le ”visite” sul campo, come quella relativa alle tante aberrazioni da silenzio assenso viste a Murgia Timone , dopo l’ordine del giorno approvato in consiglio comunale. Eredità dei lavori pubblici di Matera 2019. Restiamo in bilico. Basta una piuma…e via con la molazza di cantiere. Dice bene Michele ricordando le occasioni perse ” Quello che è mancato e che manca tutt’ora – osserva Morelli- è il tentativo di riportare sul piano culturale le politiche di trasformazione urbana, attraverso il dibattito pubblico e la partecipazione più ampia possibile della comunità. Ancora una volta si è persa l’opportunità di “approfittare del clima favorevole per dare all’azione pubblica nuova credibilità e autorevolezza spostando la mera gestione sul piano politico del Bene Comune”. Già il bene comune…tra ricorrenti cambiali elettorali, rendite fondiarie che sono quella palla al piede che Matera, per la sua storia passata di qualità urbana, non riesce a liberarsi. Morelli va oltre e indica quello che è in divenire e quello che è stato dimenticato dal regolamento urbanistico. Altra visita guidata…

Matera, una città da sempre in bilico.
“Osservare Matera cultura, cittadinanza e spazio” è l’ultimo lavoro che ci consegna la prof.ssa Mariavaleria Mininni. Un contributo pieno di spunti di ricerca interessanti. Il libro si compone di più parti dove l’autrice espone diverse tesi, temi che in qualche modo cercano di spiegare e valutare gli effetti sulle politiche urbane di un grande evento come quello di Matera Capitale Europea della Cultura 2019. Obiettivo è senza dubbio quello di sollecitare una ripresa di “un discorso sulla città allargato al suo territorio, per governare la transizione, migliorando le forme dello spazio e per soddisfare i bisogni della gente“. Riprendere un discorso sulla città di Matera “da sempre in bilico “, si legge nelle note introduttive. L’idea di Matera città da sempre in bilico tra sviluppo e sottosviluppo richiama il Rapporto socio economico del Politecnico che tanto fece discutere agli inizi degli anni ’70.
Alla fine degli anni sessanta Matera viene rappresentata come una “città di consumo”, sostanzialmente chiusa nell’asfittico circuito alimentata da mezzi monetari pubblici. “Città dispensatrice di servizi più che città produttrice di beni”. Il Rapporto denuncia i rischi di terziarizzazione della società materana con l’emergere di un ceto sociale parassitario sempre più distante dai processi produttivi virtuosi. Matera è , in termini di forma urbana, il corrispettivo di un rapporto economia – società ancora chiuso nel circuito dell’auto consumo. “Abbandonata l’esausta civiltà contadina”, la sua condizione attuale si riflette nella crescente terziarizzazione, nella funzione di parcheggio provvisorio di forza lavoro destinata a emigrare.
Il giudizio espresso nel Rapporto non era così diverso da quello che pensava l’arch. Luigi Piccinato, autore del piano regolatore del ‘53 e della variante generale del ’73.
La relazione che accompagna la proposta di Variante Generale al PRG del ’73 si conclude con alcune brevi e significative considerazioni sullo stato di equilibrio precario della città:
”Matera ha avuto da parte dello Stato e degli Enti statali e parastatali tutte le possibilità di uscire dalla antica sua situazione di sottosviluppo… Matera, un tempo città di attesa di un suo avvenire, scopre ora tante cose buone e tante cose cattive che, un tempo, non premevano. Se da un lato si svegliano gli appetiti per ottenere un aumento degli indici di fabbricazione, dall’altro lato si va facendo strada la coscienza che il problema non è già solo la città, ma l’intero territorio e che Matera può avere il suo vero significato se si inquadra la sua attività nel mondo della produzione… se acquista la coscienza dell’importanza culturale dei suoi monumenti… se infine accetta di divenire essa stessa protagonista di se stessa”.
Piccinato si mostra preoccupato per le affioranti spinte “che un tempo non esistevano”. Denuncia il nascere di nuovi soggetti fortemente interessati alla rendita fondiaria e alla speculazione edilizia. A distanza di quasi mezzo secolo il giudizio di fondo non cambia, Matera continua ad essere una città in bilico. Eppure la città negli ultimi decenni ha vissuto due grandi opportunità. La prima legata alla legge 771/86 di recupero dei Sassi, che ha permesso la messa in sicurezza del patrimonio, seguita dalla seconda dovuta al grande evento di Matera 2019 che per circa un decennio ha riacquistato la scena nazionale e internazionale. Evidentemente queste due grandi eventi non sono bastati. Lo conferma la prof.ssa Mininni nel suo libro quando afferma che “lo sviluppo urbano di Matera, città che pure aveva in passato in interessante laboratorio del Moderno e un quadro materiale dei rapporti di produzione e dei valori d’uso dello spazio, da tempo ha cessato di essere un teatro in cui leggere con chiarezza i processi economici e le forme sociali, e non è più forma di rappresentazione della cultura del suo tempo”.
La proclamazione di Matera a Capitale Europea della Cultura, secondo la prof.ssa Mininni, non richiedeva di riconfigurare lo spazio “se non nella ricerca di soluzioni logistiche e organizzative che rassicurano il corretto flusso di visitatori o la disponibilità di spazi capienti per la rappresentazione di spettacoli ed eventi culturali”. La città avrebbe potuto invece cogliere l’occasione (ancora una volta) per riaprire il dibattito e rielaborare, attraverso la strumentazione urbanistica, una nuova visione spaziale condivisa della città dando così prova di “buon governo e di visioni culturali dentro le politiche urbane”.
Da una parte la Fondazione Matera-Basilicata 2019, impegnata all’attuazione del suo programma secondo il progetto messo a punto nel dossier, dall’altra l’Amministrazione comunale, impegnata all’attuazione del cosiddetto “programma del sindaco”. La conflittualità sugli indirizzi e di visione culturale tra i due soggetti principali impegnati nel processo di Matera 2019 è emersa sin dalle prime fasi e non si è mai ricomposta lungo tutto il percorso. Se da una parte gli effetti della grande esposizione mediatica legata all’evento hanno certamente prodotto buoni e significativi risultati (sotto il profilo culturale ed esperienziale e della presenza turistica), contradditorio rimane la valutazione sulla qualità delle opere pubbliche realizzate e del tutto negativo è il giudizio sul piano delle pratiche di governo e di trasformazione del territorio. E a questo proposito il contributo della prof.ssa Mininni è esemplare e lo si può apprezzare al capitolo dedicato al consumo del suolo. “Tante case nuove che non rispondono ai fabbisogni”. Una produzione edilizia fuori misura che i governi locali continuano ad assecondare. Grazie alle tante leggi regionali approvate in deroga agli strumenti urbanistici, a partire dalla legge n.25/2009, molte delle quali adottate in nome di Matera Capitale 2019. Grazie all’approvazione del Regolamento Urbanistico 2021, che ha decretato la trasformazione edilizia di numerose aree verdi e servizi collettivi (vedi ex cinema Quinto, attuale sede dell’Archivio di Stato). Un governo locale che non è stato capace di riconoscere e valorizzare l’imponente patrimonio culturale materiale frutto del lascito del Moderno così come ci ricorda l’arch. Luigi Acito in “Architettura del Novecento 1900-1970” e “Architettura del Novecento 1970-2000).
Quello che è mancato e che manca tutt’ora è il tentativo di riportare sul piano culturale le politiche di trasformazione urbana, attraverso il dibattito pubblico e la partecipazione più ampia possibile della comunità.
Ancora una volta si è persa l’opportunità di “approfittare del clima favorevole per dare all’azione pubblica nuova credibilità e autorevolezza spostando la mera gestione sul piano politico del Bene Comune”.