Recensioni / MA-LA-GOLA. Nella scuola che esplora la danza delle voci

Pensare è fare i conti con l'evidenza che tutto ciò che esiste è costituito da una materia sonora. Il teatro, così come lo concepiamo, interroga a fondo questa constatazione che, a ben vedere, è una splendida evidenza. Splendida perché produce meraviglia a ogni dischiudersi del mondo alla percezione. La meraviglia, il far vedere le cose nominandole, è il compito della voce. Da questa consapevolezza è nato il nostro incontro, la cui prima manifestazione è il libro Cellula. Anatomia dello spazio scenico, al cui centro si dispone una riflessione sul suono e sulla voce che non si limita alle sole forane sceniche.
Sebbene questo volume fosse per noi un punto di svolta, abbiamo sempre avvertito l'urgenza di spingere oltre questi pensieri, radicandoli in un'esperienza. Fu così che nel marzo del 2020 ci siamo immaginati un centro di ricerca sulla voce, una mandorla di luce sonora che fosse spazio privilegiato di indagine connessa all'esplorazione delle pratiche vocali. Un pensiero domanda sempre un luogo in cui sedimentare le proprie prerogative, e così ci siamo messi a cercare un edificio a Ravenna dove poter insediare un intreccio complesso di pratiche e saperi. Il sindaco Michele de Pascale ci propose di verificare lo stato di un palazzo settecentesco, che per anni era stato sede di uffici della Provincia. Il nome della famiglia aristocratica che lo aveva edificato ci ha fatto sobbalzare: Malagola. Quel nome ci è sembrato da subito un geroglifico parlante in attesa di vocazione. Quel nomen antico sta a indicare che l'avventura vocale richiede una scalata da «parete Nord», e contiene in sé, nella sua ombra, l'interrogazione stessa della voce, come in un ritmo di danza: MA.LA.GOLA, come suggerisce l'identità visiva del centro, firmata dall'artista Stefano Ricci.
I tre piani dell'edificio, con le stanze comunicanti e le palme del giardino interno, ci parvero da subito lo spazio architettonico perfetto per l'immagine del centro di ricerca e di archivi audiovisivi d'arte che andavamo disegnando. Il palazzo si trova nel centro della città, quasi di fronte alla basilica di Sant'Apollinare Nuovo: l'oro e il bianco delle teorie delle vergini e dei martiri sono lume, concentrazione, disciplina del nostro fare quotidiano. In pochi mesi abbiamo svuotato il palazzo e lo abbiamo riconsegnato alla sua dimensione di bozzolo sonoro, custode del silenzio. Gli architetti Stefania Gambirasio e Massimiliano Casavecchia hanno lavorato insieme alla squadra tecnica delle Albe, diretta da Luca Pagliano, per mettere in sicurezza l'edificio: nell'ottobre 2021 abbiamo aperto Malagola inaugurandolo con l'avvio del corso di alta formazione Pratiche di creazione vocale e sonora, grazie al sostegno della Regione Emilia-Romagna e del Fondo Sociale Europeo.
Il corso, che noi chiamiamo semplicemente scuola, è un luogo della conoscenza, è laboratorio del presente in cui i processi creativi vengono analizzati, decostruiti e rimontati in una conoscenza messa in opera, in un continuo confronto tra tecnica e teoria.
Il corpo docente di Malagola, coordinato da Veronica Gennari, è composto, oltre a noi, da artisti che hanno posto al centro della loro ricerca l'intreccio indissolubile suono-voce. Tra questi: Mariangela Gualtieri, Roberto Latini, Francesca Proia, Chiara Guidi, Moni Ovadia; musicisti e compositori come Luigi Ceccarelli, Alvin Curran, Francesco Giomi, Daniele Roccato, Marco Olivieri; oppure studiosi, filosofi e scienziati che stanno dedicando la loro ricerca a questo campo ancora poco esplorato come Piersandra Di Matteo, Caterina Piccione, Valentina Valentina, Franco Fussi; o, ancora, l'attrice-autrice Mirella Mastronardi e il sound designer Diego Schiavo, che lavorano in modo originale sui prodotti muitimediali. Ci sono poi le competenze organizzative, che non possono mancare in questo contesto, affidate all'esperienza di Silvia Pagliano, Marcella Nonni, Patrizia Cuoco, Fabio Biondi, Rosalba Ruggeri. Lo studioso Marco Sciotto cura gli archivi d'arte.
In questo mese di aprile, a coronare la chiusura del percorso, terrà la sua docenza Meredith Monk, la cui ricerca ha segnato e segna in maniera indelebile il panorama dell'arte contemporarea: compositrice, regista, cantante, coreografa, è autrice di storiche performance vocali e sonore, di cortometraggi e opere grafiche ospitate nei più prestigiosi contesti internazionali. Oltre al suo workshop, la Monk sarà al teatro Rasi di Ravenna, il 13 aprile, per una Public conversation con la studiosa ed editrice statunitense Bonnie Marranca.
Da questo nucleo di attività s'irradiano, inoltre, una serie di seminari dal titolo Cosmogonie: suono, voce, parola (aprile-giugno): un modo per aprire e condividere con la città una riflessione di ampio respiro, capace di cogliere il ritmo sottile e il battito del mondo espresso dalle civiltà che si affacciano sul Mediterraneo. Si andranno così ad esplorare il suono e la voce alla base delle diverse cosmogonie — in particolare: greca, ebraica, vedica, persiano-islamica — grazie al contributo di studiose e studiosi internazionali come Lelli Galehdaran (Università di Shiraz, Iran), Roberto Barbanti (Università di Parigi 8, Francia), Carmen Pardo Salgado (Università di Girona, Spagna), Nicola Biondi (Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, Parigi), Sorella Anastasia (Monastero Carmelitane di Ravenna), Ilit Ferber (Università di Tel Aviv, Israele), Silvia Ronchey (Università di Roma Tre).
Con loro andremo a ripercorrere le tracce di un dialogo ininterrotto tra Oriente e Occidente. A ogni latitudine, infatti, il pensiero umano ha seguito percorsi simili nel delineare le diverse faune della filosofia, della spiritualità e dell'arte, al fondo delle quali si riscontra un'analoga meditazione sul suono che tutto genera, e dal quale scaturisce una parola primigenia, che solo la poesia può arrischiare, che solo la voce può nominare. Il suono è la matrice, mentre la voce è il modo in cui esso si dà come memoria del suo primo manifestarsi: grido, lamento, invocazione.