I narratori fantastici affondano spesso le mani nel mito, per rielaborarlo e per crearlo. Lo
fece, tra la fine dell'Ottocento e i primi anni del secolo scorso, lo scrittore gallese Arthur Machen, di cui
Quodlibet ripubblica Il terrore, a cura di Giuseppe
Lucchesini. Dal mito, Machen trasse il suo romanzo
più noto, Il Grande Dio
Pan, uscito nel 1894 e amatissimo da Poe, da Lovecraft, da King perché riattualizzava la grande questione del limite da non superare, sempre cara alla letteratura fantastica fin dal
suo atto di nascita con
Frankenstein di Mary Shelley. Anche nel Grande Dio
Pan c'è uno scienziato che
osa troppo, e conduce un
esperimento sulla mente
della giovane Mary per permetterle di vedere il dio
Pan, provocando la sua follia e la sua morte, non senza aver partorito una figlia,
Helen, la quale, a sua volta, entra nelle vite altrui distruggendole e spingendole alla follia, alla dissolutezza, alla corruzione.
Il mito che Machen creò
di sana pianta, invece, è
quello degli Angeli di
Mons: a permettere la ritirata dell'esercito britannico accorso al fianco di Belgio e Francia, il 23 agosto
1914, sarebbero infatti
state le anime degli arcieri che ad Azincourt e
Crécy, nel IX secolo, decretarono la vittoria
dell'esercito di Re Alfred
contro i Normanni, salvando l'Inghilterra. Machen, che era stato corrispondente di guerra, dopo poche settimane dall'episodio scrisse un racconto, The Bowmen (Gli Arcieri) su un quotidiano di
Londra. Ebbe un grande
seguito, al punto che molti soldati inglesi scrissero
di aver davvero visto, fra
le nubi, gli angeli giunti
in loro soccorso.
Quella sua leggenda viene citata nel 1917 nel terrore, strana fiaba gotica che è
anche un apologo: gli echi
della prima guerra mondiale sono ancora fortissimi,
anche se il conflitto è finito
da due anni. Ma chi vi partecipò ne rimase segnato. Dalla spaventosa battaglia della Somme, cui prese parte,
Tolkien trasse ispirazione
per quello che sarebbe diventato Il signore degli anelli, che di guerra e morte parla. Machen, invece, racconta qui una serie di avvenimenti apparentemente inspiegabili che vanno a dimostrare «l'infinita corruzione
della razza umana».
Siamo dunque nel Galles, siamo in guerra e in diversi villaggi si comincia
a morire in modo strano e
incomprensibile. In apparenza i fatti sono scollegati. Un aereo viene abbattuto da uno stormo di piccioni. Un'esplosione in una
fabbrica di munizioni uccide decine di persone,
ma l'osservatore in cerca
di notizie scoprirà che l'edificio è intatto e i morti
non sono stati mostrati alle famiglie perché straziati dai morsi. Una bambina
va a cogliere fiori e non
torna più, e il corpo non
viene ritrovato. Una donna precipita in una cava
abbandonata. Padre e figlio annegano in una palude. Intere famiglie muoiono massacrate o, inspiegabilmente, si barricano in
casa e muoiono di sete.
Le congetture si inseguono. L'ipotesi che circola è
che i tedeschi abbiano messo a punto un'arma segreta, un raggio Z, che ha il terribile potere di seminare la
follia e dunque la morte anche nei luoghi più remoti
del Galles.
Ma gli omicidi cessano
con la fine della guerra. E
per questo si comprenderà
che non esiste nessuna arma segreta, e che la causa
della strage è stata una rivolta. A ribellarsi, o essere
contagiati dall'odio che le
guerre portano con sé, è
tutto ciò che agli uomini è
vicino, che sembra amabile e spesso innocente, che
possiamo accarezzare, o di
cui aspiriamo il profumo, o
di cui godiamo la vicinanza, o ammiriamo la bellezza. Non è un caso, insomma, che Il terrore sia stato
tra le letture che hanno ispirato il racconto Gli uccelli
di Daphne du Maurier.
Le guerre rompono l'ordine naturale, e la rottura
dell'ordine è quello che
sconvolge la nostra mente.
Stephen King cita spesso
un episodio del suo racconto La nebbia, quando una
delle persone intrappolate
nel supermercato a causa
della nebbia assassina venuta dal lago impazzisce di
terrore. Ma non rotea gli occhi, non vede apparizioni
divine, non spara sui compagni di sventura. Semplicemente, dice al direttore
del supermercato di ridarle indietro la sua confezione di funghi. Ridammi i
funghi, urla. Siamo terrorizzati, dice King, dall'idea
che qualcuno o qualcosa ci
tolga la nostra confezione
di funghi mentre siamo in
coda alla cassa come sempre e come è giusto che sia.
Perché l'altrove, quello che
pensiamo lontanissimo, si
trova in un mondo che vediamo e su cui passiamo oltre, un mondo fatto di confezioni di funghi, di stick di
rossetto che si sciolgono
nelle borse, di un cartone
di latte dimenticato nel frigorifero. E ne Il Terrore,
Machen scrive: «come si
sentirebbe, un matematico, ove fosse improvvisamente costretto a fare i conti con un triangolo di due lati? Diventerebbe ipso facto,
immagino, un pazzo scatenato». E scatenerebbe, forse, una guerra.