Recensioni / I problemi fondamentali della fenomenologia

Il volume raccoglie le lezioni tenute da Husserl all’Università di Gottinga nel semestre invernale 1910-11. Subito dopo le “martellate” inflitte da Nietzsche alla pretesa di oggettività da parte della filosofia, la neonata fenomenologia si pone l’affascinante e ambizioso obiettivo di stabilire i termini nei quali è possibile conoscere “le cose stesse”, le cose così come esse sono, al di là della percezione del singolo soggetto coinvolto nell’atto del conoscere. Si tratta di costruire una “ontologia del reale” (o “dei reali”, come Husserl aveva scritto in un primo tempo), un’ontologia nella quale il soggetto possa venir messo «fuori circuito» (p. 31) al fine di accedere alle cose in sé, liberate dai veli che l’intelletto umano, nell’atto nel pensare, finisce inevitabilmente per aggiungere. Alla cosa stessa si accede tramite la cosiddetta “riduzione fenomenologica”, idea tanto originale quanto complessa, ricca di implicazioni e di rischi di fraintendimento (Husserl spese parecchio del suo tempo a difendere la sua teoria dalle accuse di psicologismo e di solipsismo).

Si approda dunque al “concetto naturale di mondo”, ciò che ognuno di noi non può fare a meno di esperire (anche soltanto nel riconoscimento di trovarsi immerso in ciò che è altro da sé), indipendentemente dalle forme dell’esperire stesso, dalle interpretazioni, dai ricordi, dalle impalcature intellettuali (per quanto legittime e valide) costruite a posteriori. È una dimensione prescientifica e preteoretica quella che Husserl cerca di recuperare, nella convinzione che il sapere dell’uomo non sia in tutto e per tutto un prodotto della storia e della cultura contingente, ma che si fondi al contrario su un nocciolo di oggettività che rivendica il suo “essere prima” nei confronti del soggetto.

Il testo è breve, appena 90 pagine, eppure Husserl riesce a trattarvi tutti gli argomenti accennati e tanti altri, come ad esempio quello della trascendenza e dell’immanenza delle cose; esso contiene in nuce i pilastri della teoria fenomenologica, trattata poi esaustivamente nei testi più noti. Oltre all’importanza del testo, esso risulta inoltre gradevole da leggere, anche per la forma della dissertazione: non solo la brevità dei paragrafi facilita la comprensione e la concatenazione delle idee, ma è soprattutto il tono dell’autore, familiare e dimesso, sovente in prima persona, a far sì che il lettore si senta quasi anch’egli “a lezione” da Husserl.

Si ascolti il seguente capoverso: «Ora, mi chiedo: non possiamo ottenere un atteggiamento tale che l’elemento empirico, ciò che è peculiare alla datità dell’atteggiamento naturale, resti interamente fuori circuito, e cioè in modo tale che anche la sua essenza, in quanto essenza della natura, resti posta fuori circuito, mentre, dall’altra parte, restino tuttavia conservate componenti che entrano in individuo nell’essenza della natura e, correlativamente, nella natura stessa? Una domanda, sulle prime, incomprensibile. Riflettiamo più nel dettaglio!» (p. 31). Certamente lo stile si giova dell’oralità dell’originale, così come la scelta della prima persona è anche un espediente metodologico volto a facilitare la già difficile impresa di spiegare come sia possibile, per il singolo soggetto, accedere a qualcosa mettendo “fuori circuito” se stesso. Ma è pur vero che è più unico che raro il caso di un filosofo che riconosce di essere stato poco chiaro; un uomo che, da vero sapiente, premette le parole «se non erro» (p. 27) alla propria interpretazione di un altro pensatore (Avenarius, nel caso specifico), anche quando sta per sferrare la sua critica più profonda e decisiva. Al di là di ogni sentimentalismo, uno dei motivi per cui vale certamente la pena di leggere questo libro è la possibilità di scoprire quanto la vera filosofia sia fatta passo dopo passo, tramite il confronto con gli altri e lontano da ogni presunzione di autosufficienza.

L’introduzione è chiarissima e l’edizione è molto ben rifinita: entrambi meriti di Vincenzo Costa, curatore del volume. Va da sé che chi si aspettasse, con la lettura di questo libro, di “comprendere la fenomenologia”, resterebbe certamente deluso: esso è troppo breve per dar conto in maniera esauriente della vastità del problema (soprattutto se si pensa alla mole delle critiche che sono state rivolte alla teoria: in un ambito come quello della fenomenologia husserliana, che coinvolge a tutto campo la psicologia e le scienza naturali, per non parlare della logica, dell’aritmetica, della geometria, ecc., i chiarimenti e i “distinguo” non sono mai troppi). Il testo va letto piuttosto come una introduzione, scritta dal padre della fenomenologia e del motto che la ha animata fin dall’inizio: “Verso l’essenza delle cose”.