ome affrontare il flusso
delle sensazioni che nella modernità si susseguono violente, volatili, incoerenti? Nei saggi di
Baudelaire è possibile riconoscere al riguardo
due opposti atteggiamenti, paradigmatici per le generazioni a venire. Da un lato il gesto
altero dell'esteta, del «dandy» che
«aspira all'impassibilità» e anticipa così in forme estreme la postura blasé dell'abitante della metropoli che ha già visto tutto. Dall'altro l'artista con animo da «convalescente», che «possiede in sommo
grado la facoltà di interessarsi vivamente alle cose, anche a quelle in
apparenza più banali», e simile a
un fanciullo «vede tutto in forma
di novità». Proprio questa seconda
attitudine trova impareggiabile
espressione nelle prose composte
da Robert Walser durante i primi
decenni del Novecento. In un testo
del 1907, per metà riflessione poetologica e per metà autoritratto,
Miniature, schizzi,
lettere immaginarie
registrano gli eventi
sottraendoli alla loro
apparente banalità
Walser stesso descrive lo scrittore
come un «eroe in penombra», desideroso di «immedesimarsi in ogni
fenomeno». Sgomento nel vedere
quante «cose effimere e fuggitive
volino via nel mondo, senza che si
possa fissarle sulla carta», lo scrittore prova allora di continuo, anche a prezzo del proprio equilibrio, a salvare con le parole ciò che
altrimenti «viene sommerso nel
flusso della vita». Di questo sforzo,
della sua riuscita, si trovano molti
splendidi esempi nel volume Una
cena elegante (traduzione di Aloisio Rendi, con una nota di Ginevra
Bompiani, Quodlibet «Storie», pp.
155, € 14,00).
La felice traduzione, datata
1961, gode meritatamente di una
prolungata giovinezza, grazie a
una casa editrice che d'altronde reca omaggio a Walser già nel logo, e
ora lo accoglie in una sua nuova
collana. Il libro si compone di alcune prose pubblicate dall'autore negliAufsätzee nelle KleineDichtungen (Poemetti, 1914). Adispetto dei titoli originali, la differenza più grande tra le due raccolte riguarda le circostanze che ne
accompagnarono la pubblicazione. Nel breve tempo che le separa
si consumò una svolta decisiva nella vita di Walser, quando abbandonò definitivamente Berlino per fare ritorno in Svizzera. In ogni caso
non si ci si deve lasciare confondere da quei titoli: chi cercasse la meditazione saggistica o le preziosità
del poemetto in prosa resterà inizialmente deluso. Ma poi non potrà che essere tanto più incantato
da queste brevi prose (ritrovandosi così in ottima compagnia, in
una schiera di ammiratori che riunisce Kafka e Coetzee, Musil e Sebald, Canetti e Ben Lerner). Sono
miniature, schizzi, lettere immaginarie, frammenti narrativi o fiabeschi, in cui gli eventi vengono registrati con appassionata accuratezza e sottratti alla loro apparente banalità. Che si tratti dell'ovazione
in una sala teatrale, quando dalla
galleria «buia e riboccante cadono
come scrosci di grandine gli applausi» (quasi inevitabile, allora,
pensare a una breve prosa di Kafka, In galleria), o che ci si ritrovi dinnanzi a un «cavallo bianco nella notte nera», fermo con maestosa
mestizia in mezzo all'andirivieni
di passanti e vetture, o che risuoni
lungo la via la risata di due bambine capaci di «dissolversi e consumarsi dalle risa»: ovunque il mondo diviene oggetto di meravigliata
e meravigliosa attenzione.
Pure, Walser, non si dilunga
mai più del dovuto sui singoli fenomeni e il suo infallibile senso della
misura, come suggerisce Ginevra
Bompiani nella nota che conclude
il libro, discende anche da una sorta di «smemoratezza». Le sue prose
lasciano tracce evanescenti, quasi
che, a ritrarre con cura, fin nel loro
carattere effimero, le cose, ogni
frase abbia «il compito di far dimenticare la precedente». Così sosteneva Walter Benjamin, paragonando i testi di Walser a «farfalle di
speranza». Lievi e sfuggenti, esse
consentono al lettore di respirare
«l'aria pura e forte della vita che
guarisce» egli offrono ungodimento non privo di tratti enigmatici o
inquietanti. Poiché «nessuno gode
come colui che sta guarendo»: appunto come un convalescente che
ha dietro di sé l'abisso e davanti a
sé il mondo intero.