La consapevolezza del
radicale alterarsi
dell'equilibrio tra
ambiente e condotte del
nostro stare al mondo hanno
da tempo indotto il progetto
di paesaggio a tentare di
operare una loro
riconciliazione Verso una
nuova estetica tra qualità del
paesaggio e ragioni dell'ambiente
- sottotitolo del lavoro di
Laura Zampieri, Il mondo non è
più un giardino, Quodlibet (pp.
168, €18,00). Dove, per via di
genealogie teoriche e analisi
di casi progettuali, vengono
riproposte le tappe che
conducono a enucleare le più
recenti attitudini del
progetto contemporaneo.
Sullo sfondo del tormentato
processo di superamento di
una cartesiana, univoca
lettura della natura, si
analizza come nei decenni a
cavallo del XXI secolo, nel
segno di un pensiero che
nell'ecologia assume
l'attitudine comune di
riferimento, si interpolino
pianificazione integrata e
studio delle scienze naturali,
risposte aperte e soluzioni
collaboranti, adattative alle
frastagliate dinamiche dei
sistemi ambientali, anche
urbani, infrastrutture soft,
estetica del divenire e
comprensione di scarti e
dismissioni. Il dibattito di
matrice anglosassone vien
posto a confronto con quello
mediterraneo ed europeo.
Con le sue specificità,
dall'attenzione per l'ecologia
urbana e le sue comunità
vegetali - la lezione a inizi
anni ottanta del naturalista
Paul Jovet e la sistematica di
Herbert Sukopp - alla
promozione della vita
spontanea negli spazi
pubblici, fino alla visione
planetaria dell'ecologia
umanista di Clément.
Mentre significativo è il
distillarsi di un metodo
inteso a cogliere
eterogeneità, discontinuità,
contraddizioni, in una
dimensione processuale
aperta, piuttosto che non per
via di definizioni formali.
Una rappresentazione
sintetica per strati che vede
compresenti misure, figure,
dati, mappe, foto.