Recensioni / Franco Scataglini, la sofferta e gioiosa realtà dell’esistere

Franco Scataglini, la sofferta e gioiosa realtà dell’esistere

di Davide D’Alessandro

Esiste la poesia dialettale? No, non esiste. Basta aprire “Tutte le poesie” di Franco Scataglini, edito da Quodlibet, per capire che esiste soltanto la poesia, senz’altre inutili definizioni. Scrive bene Giorgio Agamben nell’avvertenza: “Non esiste una lingua: esiste soltanto un campo di ardue tensioni fra una realtà sorgiva e in perenne movimento (che Dante chiamava volgare) e una grammatica che cerca invano di contenerla e fissarla. Quella che chiamiamo lingua italiana non è che l’insieme delle varianti, esse stesse in perenne mutazione, che su un certo territorio hanno esitato dal latino, e le linee delle isoglosse che i linguisti tracciano sulla carta geografica sono simili alle onde di un mare in movimento, che incessantemente tremano e s’inarcano secondo il gusto dei parlanti”.
969 pagine, opera monumentale, con la prefazione di Pier Vincenzo Mengaldo, a cura e con un saggio introduttivo di Paolo Canettieri, tutta la raccolta del poeta, nato ad Ancona nel 1930 e morto prematuramente a Numana nel 1994, è un inno al verso. Aggiunge Mengaldo: “Mi sia permesso qualche appunto sui rapporti di Scataglini con alcuni classici del Novecento. A quanto sembra gli è estraneo il frammentismo drammatico e sapiente di Ungaretti. Invece ha un orecchio a Cardarelli, cosa in genere non comune (vedi in particolare Proemio). Ma certo di quella generazione chi più risuona in Scataglini è Saba: basta pensare alla frequenza anche in lui del tema della brama nonché di quello che si può chiamare dell’attraversamento della città”.

C’è chi lascia un poema
e chi non lascia niente
perché esse muto è ’l tema
de vive, in tanta gente.

Però te m’hai inganato,
vechio, e pe’ non morí
muto com’eri stato,
m’hai lasciato un giardí.

Conobbi Scataglini con questa poesia, per non lasciarlo più. E quando ci ritorno, diverse volte l’anno, riparto da un’altra, sempre all’interno di E per un frutto piace tutto un orto. Il titolo è Sei qui, ochi de menta.

’Na voia me tormenta
in ’sto via vai de festa;
sei qui: ochi de menta,
aria bionda la testa.

Bella davanti a ’n vetro
de negozi te spechi.
Io te guardo da dietro,
sbiego come fa i vechi.

Spiega Canettieri: “Franco Scataglini comprende il potere salvifico della poesia e ne fa una sorta di eterno linguaggio, un modo di parlare, di essere. Chi ha compulsato i suoi taccuini alla ricerca di poesie inedite sa quanto sia difficile discernere il poetico dal quotidiano, perché tutto, davvero tutto, può essere versificato. Scataglini parla e scrive in poesia, pensa, ragiona, considera, specula e riflette in versi”.

Versi che oggi, riuniti insieme, danno forma e sostanza a uno dei maggiori poeti italiani del secolo scorso. Ma ha secoli la poesia? O non è per sempre, la poesia? Quando nel 1992 uscì il libro La rosa, prefato da Cesare Segre, edito da Einaudi, Claudio Bizzarri scrisse: “I personaggi, il loro ruolo e ciò che rappresentano in chiave allegorica, descritti da Scataglini nella sua lingua, assumono uno spessore, una profondità e una modernità che richiamano, pur nella dilettosa prigione di un rifugio onirico, la sofferta e gioiosa realtà dell'esistere”.
Perfetto.