Recensioni / Versi d'amore per Ancona e alla "bufa" dell'Adriatico

È uno spartiacque, la pubblicazione di tutte le poesie di Franco Scataglini, a quasi trent'anni dalla scomparsa. Introvabili, in libreria, le sue opere, conservate gelosamente da chi, quando uscirono, ne fece collezione: sfogliate, amate, mandate a memoria, livre de chevet e del cuore. Ed era ormai difficilmente rintracciabile una sua bibliografia completa, firmata da poeti e filologi, molti dei quali suoi amici e sodali, quali Massimo Raffaeli, Francesco Scarabicchi, Pier Vincenzo Mengaldo, Umberto Piersanti e Franco Brevini, per citarne solo alcuni.

La nuova storia
Da questo corposo volume dell'opera omnia, parte una nuova storia, una vita nuova della sua testimonianza poetica. L'impresa è stata portata a termine da Paolo Canettieri, docente di Filologia romanza alla "Sapienza" di Roma, per la casa editrice maceratese Quodlibet, nella collana Ardilut, diretta da Giorgio Agamben, che firma l'Avvertenza iniziale. Ci piace definire il volume un monumento, nel senso letterale di oggetto che ricorda ai posteri una persona e la sua rilevanza.
Un atto dovuto e nobile, come il sostegno finanziario del Comune di Ancona, doveroso, dal momento che Scataglini è "il" poeta della città dorica, il suo aedo, colui che per primo ha colto, e messo in versi, la musica recondita, misconosciuta, dell'anconetano, la sua malinconica e ispida cadenza. Nessun confronto è lecito tra lui e poeti come Giangiacomi e Scandali, che pure sono pietre miliari della letteratura (minima) composta nel vernacolo di Ancona.

La poetica
Tutt'altra cosa è la poetica di Scataglini, come i suoi critici da sempre sostengono. E come tanti cittadini ricordano con venerazione. Lo spiegano Mengaldo nella prefazione, e lo stesso Canettieri nel saggio introduttivo. Scrive: "Il fine ultimo della ricerca di Scataglini è la creazione di una nuova lingua poetica che, pur essendo idioletto (il suo linguaggio caratteristico e inconfondibile ndr.), nella sua unicità si renda universale e che si contrapponga così, in maniera diretta, non equivoca, alla freddezza della lingua canonica". E cita Brevi che definisce la sua "un'opera profondamente antidalettale". Eppure così fortemente legata alle radici, da cui ha succhiato l'umore più autentico: fatalismo rabbi oso, irsuti slanci, la consapevolezza diuturna della morte.

L'idioma
Insomma, la parlata aneonetana, così riconoscibile a chi la condivide, e la paria ogni giorno, al mercato come in tribunale, è diventata, sotto le sue mani, un idioma che, da familiare e frusto ripiego per l'intimità e il quotidiano, assurge a suono autentico dei sentimenti. E si fa voce dell'anima Il suo linguaggio, ora che tutta la sua produzione, compresi gli esordi in lingua italiana. si raccoglie in lunga sequenza, suona "corpo d'amore". Sembra calzante la citazione da una delle sue poesie più note e citate dagli estimatori - "Tuto è corpo d'amore" - perché quello che lì è definito - 'l fenomenale èssece" risplende e barbaglia in questo volume, alla lettura integrale, difficile da interrompere. Quest'uomo rivive in esso, per noi, con tutta la sua vita, i suoi amori (massimo. tra tutti, quello per Rosellina), i dolori e le sconfitte, i rimpianti. "Pedochio e dio", come lui stesso si definisce in clausola, Scataglini ha vivificato la parlata natia, l'ha ricreata per farne atto d'amore alla sua città, agli odori della terra e alla "bufa" del mare, alla vita e alla morte. "Sorti fori da 'n libro / sta voce turi nodi. / Scritura torna al scribo / fatta de croce e chiodi". Per lui. Per noi, un testamento, e un viatico per tramandare la poesia di un uomo umbratile e giocoso, profondo e lieve. "Vero da l'esse finto", come nell'indimenticabile clausola di "Paganelli"