Affermava Giovanni Boccaccio che «la teologia e la poesia quasi una cosa si possono dire, dove uno medesimo sia il suggetto; anzi dico più: che la teologia niun'altra cosa è che una poesia di Dio». Il Centro culturale San Bartolomeo dedicherà al tema «Dio e i poeti» un ciclo di conferenze che si terranno nei primi tre giovedì di questo mese: gli incontri - a ingresso libero e con inizio alle 21 - saranno presso la sede del centro, a Bergamo, in largo Belotti. La relazione di apertura («"Il tuo cuore... salpa già forse per l'eterno". Montale e la salvezza») verrà svolta stasera da Francesca D'Alessandro, docente di Letteratura italiana nonché di Storia della critica e della storiografia letteraria presso l'Università Cattolica di Milano e di Brescia. Francesca D'Alessandro ha curato tra l'altro una recente edizione del carteggio tra Eugenio Montale e l'amico Sergio Solmi («Ciò che è nostro non ci sarà tolto mai», Quodlibet, 60 euro): «Analizzando i testi di Montale - spiega la studiosa -, ho potuto rendermi conto di quanto fosse stata profonda nella sua formazione un'impronta agostiniana. Questa componente influisce anche sulla sua concezione della poesia. Nelle lettere a Solmi, Montale insiste su ciò che lo distinguerebbe da Camillo Sbarbaro e da altri poeti della cosiddetta "linea ligure". Egli si attribuisce, come tratto peculiare, una propensione a interpretare in chiave religiosa la natura: nei suoi diversi aspetti, questa rimanda all'esistenza di un Creatore (come leggiamo nel finale della poesia "Maestrale", nella raccolta "Ossi di seppia": le cose visibili portano scritto "più in là!"). Viene qui richiamato un celebre brano di Agostino, in cui l'autore delle "Confessioni" immagina che nella sua ricerca dell'Assoluto, dopo aver interrogato la terra, il mare e gli esseri che vi abitano, questi gli rispondano: "Non siamo noi il tuo Dio, cerca più in alto"». In «Casa sul mare», Montale sembra oscillare tra la speranza e la rassegnazione, la fede e lo scetticismo riguardo alla possibilità che la nostra vita non sia destinata in ultimo alla dispersione e all'oblio («Tu chiedi se così tutto vanisce / in questa poca nebbia di memorie; / se nell'ora che torpe o nel sospiro / del frangente si compie ogni destino. / Vorrei dirti che no, che ti s'appressa /l'ora che passerai di là dal tempo; / forse solo chi vuole s'infinita, / e questo tu potrai, chissà, non io»). «Anche in questa aspirazione a "infinitarsi" - osserva Francesca D'Alessandro - ritroviamo una suggestione agostiniana. L'uomo Eugenio Montale è tentato dal dubbio, fino a sospettare che a lui personalmente sia preclusa la possibilità della salvezza. Questa non è però negata in assoluto. Rivolgendosi alla donna amata, egli si augura che almeno lei possa conseguirla: "Penso che per i più non sia salvezza, / ma taluno sovverta ogni disegno, / passi il varco, qual volle si ritrovi"». I successivi relatori e temi del ciclo «Dio e i poeti» saranno la professoressa Paola Baioni (il 12 maggio: «"Non startene nascosto". Il Logos fatto carne nella poesia di Mario Luzi») e fra Paolo Gerosa, direttore del Centro culturale San Bartolomeo (giovedì 19 maggio: «Giorgio Caproni, un poeta a "caccia" di Dio»).