Evocati nelle loro
mutevoli personalità
come pure negli
spiccati caratteri, nelle
fisionomie poliedriche che li
connotano, pascolianamente
disposti lungo il ciclico
ricorrere delle stagioni,
procedono i protagonisti
botanici di questo libro che,
tra predilezioni
e idiosincrasie, li incrocia
a passo doppio con
l'interpretazione che, volta
a volta, ne è stata proposta per
il tramite di poesie, citazioni,
brani
letterari. In
un raffinato
combinarsi
di critica
letterario-bot anica, senza
pretesa
d'essere
nessuna delle
due, ma,
come viene
detto, per
diletto,
Angela
Borghesi,
specialista di
letteratura
italiana contemporanea e
docente presso l'università di
Milano Bicocca, nonché
autrice della rubrica mensile
«Clorofilla» nella rivista
«Doppiozero», ripropone ora
Fior da fiore. Ritratti di essenze
vegetali, con le illustrazioni di
Giovanna Duri, in un gioco di
dettagli in colore ad
acquerello che si stagliano
sullo sfondo monocromo
dell'appena accennato
tratteggio del contesto
botanico (Quodlibet, pp. 311,
€ 22,00).
Posture, storie, specificità
e prerogative di alberi,
arbusti, erbacee, descrizioni
degli habitat e delle tendenze
associative delle piante,
provenienze, etimi, usi, detti
popolari, ricette, ma anche
personali memorie olfattive,
o di inneschi e riflessi di
incontri familiari si
intrecciano in questi sessanta
ritratti vegetali con
i riferimenti poetici e letterari.
Amministrando il gioco
misurato dell'evocare per via
di citazioni e, assieme, la
distinzione del prezioso
lessico della botanica — il
gonfiarsi dei balausti (pomi)
della melagrana, lo srotolarsi
nei pastorali delle foglie delle
felci, i calici a sepali ottusi
delle violette, i corimbi
penduli dei fiori e le nocule
fruttifere dei tigli.
Dal sottobosco iemale
dell'elleboro, rimedio
naturale alla demenza,
nell'erbario di Andrea
Zanzotto, ai bucaneve
tappezzanti di bianco di
quella «primavera di mezzo
inverno» rivelata da T.S. Eliot,
alla primavera vera
annunciata
dall'inconfondibile, che sia
detestata o amata, fragranza
della viola odorata dalle
foglie cuoriformi, alle
lanugini dei pappi bianchi
delle sussurranti file di pioppi
dell'Idillio maremmano del
Carducci, che invadono l'aria
di maggio con l'immenso
fruscio evocato da Giovanni
Raboni e fino
agli astri
settembrini
che in infinite
sfumature di
colore ci
accompagnano, con
Sbarbaro, ai
primi freschi
e poi verso
l'inverno. Lì
dove a lungo
permangono
sugli steli le
trame delle
infiorescenze
delle ortensie,
a mimare grandi globi,
grappoli, pannocchie, o una
berretta di merletto, stinte
eppure rallegrate nel sorriso
del verde nell'omaggio di
Rainer Maria Rilke.
Accade così di spaziare tra
il giardino letterario dei lillà
di Marcel Proust e la
magnolia dell'arboreto
montaliano, tra le paulonie
dal profumo avvolgente delle
pannocchie che sembrano
candelabri, onnipresenti
nelle letterature cinese
e
giapponese, al sambuco del
flauto magico di Mozart
dall'odore pungente delle
foglie e dal profumo dei
piccoli fiori a corimbi che
anticipano i frutti amati dagli
uccelli. Per svisare finanche
in citazioni dell'arte dipinta,
dall'aquilegia di Pisanello del
Ritratto di principessa estense
alle foglie di fico nella Sacra
famiglia di Lorenzo Lotto,
all'esplodere di colori dei
tropeoli ritratti in molti
dipinti impressionisti.
Per esplorare personalità,
come le melagrane «cedenti
all'eccesso» di Paul Valéry o il
calicanto dai petali dismessi
di Biagio Marin, o le
geografie, della trama del
carrubo e dei suoi frutti nella
Liguria di Montale come
nella Sicilia dei Quasimodo,
Verga o Consolo e ancora
temporalità incalzanti, come
quelle dell'esorbitante
fioritura delle peonie,
fuggitive come gli haiku che
le proiettano sulla pagina...