Recensioni / Il "Corpomatto" di Marta: una ragazza senza bussola che non riesce a trovarsi

Originaria di Taranto, residente a Roma, studi di Lettere classiche alle spalle, Cristina Venneri in questo suo romanzo d'esordio, Corpomatto, sembra seguire fin dal titolo, l'intento che muoveva la scrittura di Gianni Celati nella Banda dei sospiri (1976): «Far parlare il corpo matto». Non può essere altrimenti visto che le persone sono innanzitutto "corpi" alle prese con le proprie paure e i propri desideri.
Corpomatto è infatti il racconto in prima persona delle vicissitudini della giovane Marta, che decide di lasciare la "maledetta" Taranto per svolgere gli studi universitari a Messina, in nome di una emancipazione in verità solo illusoria («l'affitto l'avrebbe pagato mia madre e con i soldi di mio padre aggiungo visto che lui ci aveva tenuto a precisarlo»). Passano pochi anni. Un solo esame fatto. Il ritorno a casa, dalla madre alcolista, collezionista di «ricoveri ospedalieri per emorragia da varici esofagogastriche», e dalla nonna arcigna (i genitori sono da tempo separati). Una esistenza, quella di Marta, sospesa in un contesto asfittico e in frantumi, che andrebbe in qualche modo ricomposto. Oltre alla riuscita caratterizzazione dei personaggi, tanto principali quanto secondari (dal padre allo zio, dal Professor D. a Tobia), a colpire nel romanzo di Venneri è la scelta di una scrittura fortemente sperimentale, che mescola i registri più vari ed è dominata dalla libera associazione dei pensieri della protagonista (non è un caso del resto che Marta dice di portare sempre con sé nello zaino Il male oscuro di Giuseppe Berto). Facendo propria la lezione di Berto, Venneri irrora di ironia le pagine del suo romanzo.
Un'ironia però con una venatura drammatica, potente e brutale, volta com'è a esprimere il senso di lacerazione e smarrimento della protagonista. Ne deriva un romanzo di formazione anomalo, "alla rovescia", che ci fa venire in mente le parole fatte pronunciare da Calvino al nipote del "visconte dimezzato". Parole che descrivono bene lo stato e il senso di vuoto di Marta: «Alle volte uno si crede incompleto ed è soltanto giovane»

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