Recensioni / Il rebus Matera: una città in bilico

Osservare Matera cultura, cittadinanza e spazio" è l'ultimo lavoro che ci consegna la professoressa Mariavaleria Mininni. Un contributo pieno di spunti di ricerca interessanti. Il libro, edito da Quodlibet, si compone di più parti dove l'autrice espone diverse tesi, temi che in qualche modo cercano di spiegare e valutare gli effetti sulle politiche urbane di un grande evento come quello di Matera Capitale europea della Cultura per il 2019. Obiettivo è senza dubbio quello di sollecitare una ripresa di «un discorso sulla città allargato al suo territorio, per governare la transizione, migliorando le forme dello spazio e per soddisfare i bisogni della gente». Riprendere un discorso sulla città di Matera «da sempre in bilico», si legge nelle note introduttive. L'idea di Matera città da sempre in bilico tra sviluppo e sottosviluppo richiama il Rapporto socioeconomico del gruppo Il Politecnico - coordinato da Aldo Musacchio e composto da Mario Cresci, Luciana Fabris, Silvia Musacchio, Ferruccio Orioli, Nedda Piantini e Pancrazio Toscano - che tanto fece discutere agli inizi degli anni '70. Alla fine degli anni di Michele Morelli '60 Matera viene rappresentata come una "città di consumo", sostanzialmente chiusa nell'asfittico circuito alimentata da mezzi monetari pubblici. «Città dispensatrice di servizi più che città produttrice di beni». Il Rapporto denuncia i rischi di terziarizzazione della società materana con l'emergere di un ceto sociale parassitario sempre più distante dai processi produttivi virtuosi. Matera è, in termini di forma urbana, il corrispettivo di un rapporto economia-società ancora chiuso nel circuito dell'auto consumo. «Abbandonata l'esausta civiltà contadina», la sua condizione attuale si riflette nella crescente terziarizzazione, nella funzione di parcheggio provvisorio di forza lavoro destinata a emigrare. Il giudizio espresso nel Rapporto non era così diverso da quello che pensava l'architetto Luigi Piccinato, autore del piano regolatore del 1953 e della variante generale del 1973. La relazione che accompagna la proposta di Variante Generale al Prg del 1973 si conclude con alcune brevi e significative considerazioni sullo stato di equilibrio precario della città: «Matera ha avuto da parte dello Stato e degli Enti statali e parastatali tutte le possibilità di uscire dalla antica sua situazione di sottosviluppo... Matera, un tempo città di attesa di un suo avvenire, scopre ora tante cose buone e tante cose cattive che, un tempo, non premevano. Se da un lato si svegliano gli appetiti per ottenere un aumento degli indici di fabbricazione, dall'altro lato si va facendo strada la coscienza che il problema non è già solo la città, ma l'intero territorio e che Matera può avere il suo vero significato se si inquadra la sua attività nel mondo della produzione, se acquista la coscienza dell'importanza culturale dei suoi monumenti, se infine accetta di divenire essa stessa protagonista di se stessa». Piccinato si mostra preoccupato per le affioranti spinte «che un tempo non esistevano». Denuncia il nascere di nuovi soggetti fortemente interessati alla rendita fondiaria e alla speculazione edilizia. A distanza di quasi mezzo secolo il giudizio di fondo non cambia, Matera continua ad essere una città in bilico. Eppure la città negli ultimi decenni ha vissuto due grandi opportunità. La prima legata alla legge 771/86 di recupero dei Sassi, che ha permesso la messa in sicurezza del patrimonio, seguita dalla seconda dovuta al grande evento di Matera 2019 che per circa un decennio ha fatto sì la città riacquistasse la scena nazionale e internazionale. Evidentemente queste due grandi occasioni non sono bastate. Lo conferma la professoressa Mininni nel suo libro quando afferma che «lo sviluppo urbano di Matera, città che pure aveva in passato in interessante laboratorio del Moderno e un quadro materiale dei rapporti di produzione e dei valori d'uso dello spazio, da tempo ha ssato di essere un teatro in cui leggere con chiarezza i processi economici e le forme sociali, e non è più forma di rappresentazione della cultura del suo tempo». La proclamazione di Matera a Capitale europea della Cultura, secondo Mariavaleria Mininni, non richiedeva di riconfigurare lo spazio «se non nella ricerca di soluzioni logistiche e organizzative che rassicurano il corretto flusso di visitatori o la disponibilità di spazi capienti per la rappresentazione di spettacoli ed eventi culturali». La città avrebbe potuto invece cogliere l'occasione (ancora una volta) per riaprire il dibattito e rielaborare, attraverso la strumentazione urbanistica, una nuova visione spaziale condivisa della città dando così prova di «buon governo e di visioni culturali dentro le politiche urbane». Da una parte la Fondazione Matera-Basilicata 2019, impegnata all'attuazione del suo programma secondo il progetto messo a punto nel dossier, dall'altra l'amministrazione comunale, impegnata all'attuazione del cosiddetto "programma del sindaco". La conflittualità sugli indirizzi e di visione culturale tra i due soggetti principali impegnati nel processo di Matera 2019 è emersa sin dalle prime fasi e non si è mai ricomposta lungo tutto il percorso. Seda una parte gli effetti della grande esposizione mediatica legata all'evento hanno certamente prodotto buoni e significativi risultati (sotto il profilo culturale ed esperienziale e della presenza turistica), contraddittoria rimane la valutazione sulla qualità delle opere pubbliche realizzate e del tutto negativo è il giudizio sul piano delle pratiche di governo e di trasformazione del territorio. E a questo proposito il contributo della professoressa Mininni è esemplare e lo si può apprezzare nel capitolo dedicato al consumo del suolo: «Tante case nuove che non rispondono ai fabbisogni». Una produzione edilizia fuori misura che i governi locali continuano ad assecondare. Grazie alle tante leggi regionali approvate in deroga agli strumenti urbanistici, a partire dalla legge 25/2009, molte delle quali adottate in nome di Matera Capitale 2019. Grazie anche all'approvazione del Regolamento urbanistico 2021, che ha decretato la trasformazione edilizia di numerose aree verdi e servizi collettivi (vedi ex cinema Quinto, attuale sede dell'Archivio di Stato). Un governo locale che non è stato capace di riconoscere e valorizzare l'imponente patrimonio culturale materiale frutto del lascito del Moderno così come ci ricorda l'architetto Luigi Acito inArchitettura dei Novecento 1900-1970 e Architettura deiNovecento 1970-2000. Quello che è mancato e che manca tutt'ora è il tentativo di riportare sul piano culturale le politiche di trasformazione urbana, attraverso il dibattito pubblico e la partecipazione più ampia possibile della comunità. Ancora una volta si è persa l'opportunità di «approfittare del clima favorevole per dare all'azione pubblica nuova credibilità e autorevolezza spostando la mera gestione sul piano politico del Bene Comune». L'ultimo rapporto sull'ecosistema urbano di Legambiente (Matera è 89esima su 105 province), o quello sulla qualità della vita nelle nostre città del Sole 24 ore (74esima su 105), non fa altro che confermare l'inadeguatezza della nostra classe dirigente, ancora legata fortemente alla monocultura della rendita dei suoli, ben rappresentata dal partito trasversale del "mattone". Ci si augura un cambiamento. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e, più in generale, il programma Next Generation EU potrebbe essere un'ulteriore occasione per la nostra città. Si tratta di obiettivi ampiamente declinati nell'Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile approvata dalle Nazioni Unite nel 2015. Al momento, stando ai fatti, la nostra città continua a viaggiare in direzione ostinata e contraria.