“Una vera resurrezione di un nucleo composto di tre individui separati eppure indissolubili”. Sembra una contraddizione in termini, invece, è il manifesto di un destino che sembra accompagnare per mano certe vite dall'inizio alla fine.
Il cuore di Corpomatto di Cristina Venneri è tutto in questa frase.
Vite che da lontano appaiono semplici ma che in realtà sono complicate. Come la corrispondenza tra Marta, la protagonista, e suo padre, che è “univoca” e che sembra la sintesi di un rapporto affettivamente strabico. O come i “misteriosi” ricoveri della madre nei quali nessun familiare ha il coraggio di dire ai medici la verità.
È un romanzo “strano” e profondo
Perché è una storia che parla di disagio e poi di amore mancato e amore perduto. Tra le mura domestiche e fuori. E della sofferenza che esiste in certi rapporti familiari soprattutto quando l'alcol ne “entra a far parte”. Ma, a guardaci bene, quei rapporti sono complessi perché monchi dell'ingrediente più importante: il vero amore. Che dovrebbe guidare nei giorni di luce come in quelli di tempesta ma che invece interviene come un aroma secondario farebbe su una prelibatezza già condita.Così come succede tra Marta e il suo boyfriend. Protagonisti di un amore che non è amore perché nessuno dei due è disposto a rinunciare a un pezzo di sé stesso per l'altro.
È una storia ben scritta, con tanta realtà che sembra autobiografica o, addirittura, liberatoria. Ma, sempre, “autentica” nel suo incedere. È anche un romanzo dove le donne, nel bene e nel male, sono le artefici del proprio destino. Interessante l'intreccio tra la vita famigliare e la storia d'amore della protagonista. Più sbiadite le figure maschili, come il professor D. o il padre di Marta.
Corpomatto è un romanzo che nei suoi sotto temi (le scelte di una donna che non è tale, il rapporto con il tempo a cui non si dà importanza, i rapporti familiari spezzati) si presenta come un reportage sulla “inconsistenza” di una generazione incapace (non solo per colpa propria) di far assumere alla propria vita una direzione chiara. Ed è un diario intimo di una “donna in formazione” ancora incapace di assecondare il proprio istinto nel vivere l'amore ma anche nell'assumersi la responsabilità di allontanarsi da una famiglia “a metà”, come se vi fosse legata da un affetto inconsapevole.Come quei fenomeni fisici che esistono ma che non si vedono a occhio nudo. È un'opera prima buona (con un finale un po’ frettoloso) che merita di chiedere all'autrice di scriverne un'altra.