Recensioni / Una generazione sospesa tra indecisioni e precarietà

Anche nel tempo della precarietà assoluta esiste un luogo a cui si può tornare sempre, o quasi sempre. Quel luogo è la famiglia, e lo è per fortuna, ma anche per sfortuna. Ed è agendo attorno a questo binario a tratti ridicolo e a tratti tragico, a tratti gonfio di affetti e di abbracci e a tratti di gelosie, rancori e inspiegabili ripicche, che prende forma l'esordio al romanzo di Cristina Venneri con «Corpomatto» (Quodlibet). Un romanzo che capovolge i classici cliché attorno alla famiglia e alle sue inevitabili tragedie e che restituisce uno sguardo nuovo e limpido di una generazione che sembra aver fatto della fuga il suo punto di equilibrio e in un certo senso ancor più di ferma stabilità. La protagonista è una studentessa che da Taranto si sposta verso Messina per gli studi universitari. E il ritratto della città è forse uno degli aspetti più efficaci del romanzo, che ha la capacità di trasformare ogni cosa osservata in un vero e proprio corpo in osservazione. Dagli oggetti al quartiere, dal proprio corpo a quello dei famigliari, ogni elemento assume una forma pulsante e carnale. Un battito che sta in ogni cosa, ma che anche il fremito di un'indecisione perenne che con difficoltà riesce a sciogliere sensi di colpa, battute d'arresto e un immobilismo icastico dal quale la protagonista non è del tutto sicura di volersi liberare. «Corpomatto» gode di una scrittura articolata, brillante che restituisce al lettore una forza narrativa sorprendente e mai scontata. Il ritratto di un sud che pare sempre più dimenticato e abbandonato ai desolanti giudizi offerti e non richiesti da un nord Italia che si crede altro, diverso e «proiettato in Europa». Qui invece ogni cosa è una lotta esposta, impossibile nascondere l'amore e il desiderio, la ricerca di una felicità che possa in qualche modo portare fuori in un altrove che ha i tratti di un sogno impossibile e perennemente irrealizzabile. Sarà così all'interno dei confini di un possibile fallimento, in un repentino ritorno a casa che Marta, la giovane protagonista, potrà ricomporre i pezzi di un disamore famigliare apparentemente irriducibile. La protagonista darà così forma al ritratto di una famiglia in perenne azione di scomposizione. Anche se non tutto si può salvare, anzi forse quasi nulla e molto poco può tornare utile da un passato che non porta nemmeno un poco di nostalgia, Marta riuscirà dando spazio e fiducia anche al proprio corpo, a ritrovare un significato più denso quanto più semplice, tra ironia e una possibile insperata felicità.

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