Felice evento, nell'angusto hortus conclusus della poesia, quello della riproposizione, in forma integrale, dell'opera poetica di Franco Scataglini, poeta anconetano prematuramente scomparso nel 1994. La collana è quella, a cura di Giorgio Agamben, che per i tipi di Quodlibet si propone di esplorare l'innato bilinguismo dei frequentatori delle italiche isoglosse, che hanno avuto per secoli l'italiano come lingua due, e che hanno dato vita - letterariamente parlando - a varianti estremamente fertili. Trattasi qui di area marchigiana, appunto, quindi non così lontana dalle origini dell'italiano, rispetto ad altre zone linguistiche, o dialettali che dir si voglia (la querelle è forse, in ultima analisi, sterile), e quindi più facilmente accostabile dagli italofoni senza testo a fronte. Scataglini è poeta "dal basso", di origini umili e dal forte impeto all'acculturazione autonoma e autodeterminata, politicamente sensibile e con un'estetica che corre lungo la linea "antinovecentista" del secondo Novecento, appunto. Facendo nomi: sicuramente Saba e sicuramente il Caproni del Seme del piangere, come giustamente nota Mengaldo nella puntigliosa prefazione. Una poesia di cose, che attinge dalla biografia ma non disdegna il pensiero (un pensiero, spesso, dal segno meno, pregno di una negatività contadina, quasi atavica - leopardiana, forse?) e lo declina in metrica "facile" e precisa (con particolare attaccamento alla quartina di settenari con varianti), estremamente sonora. In questa meditazione sommessamente dolente (ma con impeto, a tratti) che percorre tutte le raccolte (cinque - tra cui la resa di parte del Roman del la rose che lo consacrò nella bianca di Einaudi - più una postuma e vari inediti) a splendere è proprio la lingua, dal passo terroso ma che sa incorporare, come castoni, lessico altro, di varie zone e registri, nonché giocare a specchio con l'italiano, prendendo gusto nel gioco senza scivolare nel vezzo. Per questo, pigra noce / de memoria e d'oblio, / noi moriremo e voce / non avrà più et disio, l/ e saremo un costrutto l celato, un chiuso insiste, / come da fiore un frutto f mai diventato esiste.