Gli autori, le opere, il pubblico, la critica.
In realtà è su questi aspetti del mondo
artistico che si muove il pamphlet di
Bruno Pedretti Il culto dell'autore (Quodlibet,
pagine 144, euro 12,00). Perciò è soprattutto il
sottotitolo a indicare lo sfondo generale
del discorso: "Le arti al tempo della
civiltà estetica". Si parla di arti in
generale, cosa che può creare qualche
problema di generalizzazione impropria,
ma a costituire l'oggetto decisivo di
riflessione è il contesto attuale, è la nostra
specifica "civiltà artistica" e il suo
funzionamento. Al suo interno, autori, opere,
pubblico e critica sono categorie "in fusione",
fluide fino all'indistinzione, alla confusione.
Autori senza opere, pubblico creativo, critica
che non critica. Nella attuale "civiltà estetica"
da un lato si esaltano ideologicamente le arti, la
creatività umana in generale, il protagonismo
demiurgico degli autori, mentre dall'altro si
annegano le arti nella estetizzazione dell'intero
ambiente in cui viviamo.
Il contenuto del volumetto è articolato in
cinque saggi molto densi e un po' labirintici e
centrati su vari aspetti che toccano soprattutto
le arti più degradate della contemporaneità, le
arti visive, da quasi un secolo devastate (ne
sono convinto) soprattutto dalla latitanza, dalle
reticenze e diciamo pure dal "servilismo
apologetico" dei critici, che sembrano voler
solo onestamente spiegare e descrivere, mentre
invece inventario cose che nelle opere non ci
sono: giustificano, promuovono, accettano e
catalogano senza giudizio qualunque prodotto
suppostamente artistico. Si moltiplica e
prolifera un'arte senza arte, in cui la maestria e
il talento tecnici si abbassano fino a sparire. Il
"culto dell'autore" cresce così sull'irrilevanza
propriamente artistica delle opere, offerte a un
pubblico sia sconcertato che ipnotizzato
dall'idea che tutto "può" essere arte se viene
proposto come arte, se ha una firma e un
prezzo. Il solo valore artistico certo è così il
valore di mercato, non delle opere ma
dell'autore come star mediatica. Un'arte che
sembra democraticamente fatta da tutti, ma in
cui misteriosamente solo pochissimi si
arricchiscono.